Rovine | Peter Kuper
traduzione di Vanni Santoni
Tunué, 2017
di Alfredo Palomba
«In mezzo a tanta distruzione, avevo dimenticato quanto la vita persista… È facile dimenticare quando la prognosi è così negativa e la sopravvivenza è diventata così impegnativa.»
Lo dice George a sua moglie Samantha, mentre i due si trovano in una foresta del Michoacán per osservare i milioni di farfalle monarca che hanno compiuto un viaggio lunghissimo, quasi impensabile per delle creature così lievi, e si sono ritrovate tutte lì per l’accoppiamento. George e Sam sono i protagonisti del graphic novel Rovine – vincitore del premio Eisner Award 2016 ed edito in Italia da Tunué, traduzione di Vanni Santoni – del fumettista e illustratore americano Peter Kuper (noto, tra l’altro, per la riduzione a fumetti de Le Metamorfosi di F. Kafka). Newyorkesi, George è un entomologo ed ex pittore, Sam una scrittrice alle prese con un romanzo autobiografico che intercetta il passato storico e antropologico del Messico e soprattutto un’esperienza vissuta in quei luoghi quindici anni prima. Decidono di prendersi un anno sabbatico e trasferirsi a Oaxaca (pronuncia: “Wahaca”): George tenterà di ritrovare l’ispirazione artistica, sua moglie di scrivere il libro e, insieme, proveranno a dare nuova linfa a un rapporto appannato dalla quotidianità e dalla differenza di prospettive (anzitutto riguardanti un’eventuale gravidanza, per la quale lui non si sente pronto e che lei, invece, desidera fin quasi all’ossessione). Contemporaneamente, l’opera segue il percorso di migrazione di una farfalla monarca, nata in Canada alla vigilia della partenza della coppia e diretta, appunto, alla loro stessa destinazione.
Due viaggi paralleli, due velocità molto diverse.
L’immane traversata della farfalla monarca, più di tremila chilometri dal Nord all’estremo Sud dell’America, è rappresentata da Kuper con splendide illustrazioni mute di un continente devastato dall’uomo, di colore bluastro, cianotico (memorabili le tavole in cui l’insetto sorvola i monti Appalachi segnati dallo sfruttamento minerario e quelle in cui attraversa i sobborghi di New Orleans, che recano ancora le ferite dell’uragano Katrina; Rovine è infatti ambientato nel 2006). L’unica a spiccare su questo fondo monocromo è proprio la farfalla, coi suoi colori brillanti che rimandano a una natura vitale e refrattaria a una resa definitiva.
La metafora della monarca migrante – dice Kuper – ha anche una sua reale concretezza. Il viaggio dal Canada al Messico e tutti i pericoli che la farfalla affronta sono gli stessi incontrati dagli umani in un ambiente compromesso, che non è affatto una metafora. Gli insetti attraverso tutto il libro creano questi parallelismi naturali con la condizione umana e con le minacce a cui ci troviamo di fronte noi tutti, a gradi diversi, per sopravvivere.
Il Messico, altro protagonista dell’opera, è proprio il simbolo di questa vitalità, a partire dai toni utilizzati da Kuper: il lavoro è frutto, dice l’autore in un’intervista, «di tanti anni di gestazione e svariati altri di matita, penna e acquerelli, più un tocco di “polvere magica digitale”» e il risultato è una cromia sfavillante, che racconta il Sud nella sua dimensione più selvaggia e accesa. E il subbuglio non è solo quello della natura e dei moltissimi insetti che popolano Rovine («Sono riuscito a portare e rinnovare la passione infantile per gli insetti», ci fa sapere l’autore) ma è anche politico; il 2006 è l’anno dei “fatti di Oaxaca”, una serie di manifestazioni del corpo insegnante repressa nel sangue dal governatore Ulysses Ruiz: ventuno morti, tra i quali il giornalista Brad Will a cui è liberamente ispirato il personaggio del fotoreporter Alejandro.
Rovine mette sul tavolo, dunque, diversi temi e li sviluppa con una certa ambizione narrativa che non sempre, però, dà i frutti sperati: il desiderio di maternità, le relazioni di coppia, la politica, l’ambientalismo, la forza primordiale degli elementi naturali e l’opera distruttiva dell’uomo tanto sull’ambiente quanto sulle opere dell’uomo stesso. Le medesime questioni sono riprese e valutate in prospettiva storica negli inserti che mostrano al lettore alcune fasi del lavoro di Sam al romanzo, pure ricchi di splendide illustrazioni e di un simbolismo che, se talvolta risulta troppo marcato (o perfino scontato), altre volte è originale e ben costruito. Le “rovine” del titolo sono elemento costante e permeano l’opera: concetto metaforicamente fecondo, reagiscono ai molti temi e assumono le sfumature più diverse. Ci sono allora le rovine della civiltà azteca che i conquistadores hanno lasciato dopo il loro arrivo nel Nuovo Mondo, le rovine di un ecosistema dissanguato dalla speculazione ambientale, le rovine di un rapporto a due che si tenta di ricostruire, le rovine di una sedizione placata con le armi. «Guarda tutto questo – dice Sam a George, davanti al sito zapoteco di Mitla – Ci sono volute ere per costruirlo, e tutto quello che rimane sono rovine.»
Eppure, su questa immane distesa di rovine fisiche, epocali, personali si impone, a contrasto, il rigoglio di una natura che non smette di proliferare e si manifesta sottoforma di milioni di farfalle che migrano, insetti a ogni angolo, vegetazione che ricresce sulle vestigia di antiche civiltà, cani rabbiosi in agguato, rabbia che esplode e tentazione che tormenta chi prova a resisterle. Rovine è un’opera ricca e un’esperienza di lettura appagante (merito anche della bella e curata edizione Tunué), non priva però di limiti, che attengono al piano della narrazione e dei rapporti tra i protagonisti. Si ha, infatti, l’impressione che la bidimensionalità dei personaggi non sia tanto grafica quanto emotiva: tutto sommato poco complessi e ben inquadrabili nelle proprie caratteristiche emozionali, i loro scambi sono spesso troppo meccanici e prevedibili, così come le dinamiche della relazione tra Sam e George, che non riescono a uscire dallo stereotipo della ‘coppia in crisi che va all’estero per ritrovare se stessa’. Fa eccezione, in questo senso, la malinconia della figura di Angelina, la cameriera messicana della coppia, forse il personaggio, per quanto secondario, più struggente. I limiti di Rovine, seppur evidenti, non inficiano però la bontà complessiva dell’opera e l’apprezzabilità delle tavole (soprattutto di quelle più ‘illustrative’, a tutta pagina): se non sempre Kuper padroneggia con pieno successo i sentimenti e le sfumature dei legami tra le persone, è un maestro nel padroneggiare la potenza evocativa delle ambientazioni, delle situazioni, dei colori.