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3000 anni tra i microbi
Wom Edizioni 2021


Mark Twain traduce uno scritto in lingua microbica dello scienziato Huck, trasformatosi in un vibrione del colera (B.b.Bkshp) a seguito di un esperimento male eseguito.

Huck – in base a quanto ci viene riferito dal prestigioso traduttore – si ritrova così a viaggiare dentro il barbone Blitzowski (malizioso, maligno, vendicativo), in compagnia di altri microorganismi, batteri, bacilli e virus.

B.b.Bkshp farà cose, vedrà germi: introietterà la geopolitica del pianeta Blitzowski (la Repubblica di Arricchitevi-in-fretta, il Regno degli Henry, la regione del Grande Molare…) per giungere infine a una cittadinanza che è preludio all’esercizio delle più infime prerogative umane.

Trama mirabolante? Riminiscenze da cinefili? La particolarità di un genere che rassicura o allontana il lettore?

Libro incatalogabile, una camera degli specchi, fino a che non si viene a conoscenza di un dato biografico e bibliografico: “3000 anni tra i microbi” è un’opera pubblicata postuma, e la traiettoria che lo ha portato fino a noi ha la solennità di un volo celebrativo, di un addio in grande stile.

Huck ci informa che il mondo di dentro, microscopico, è speculare a quello terracqueo e atmosferico, vissuto, incarnato o subito da ogni uomo. Cronaca interna, fantascientifica, il romanzo procede slalomeggiando, fra colloquialità, divagazioni e divertito memoir. Ma occorre cautela, perché quel discorrere saccente e controllato del microbo Huck è deliziosamente beffardo, fa l’occhiolino a noi lettori del presente, naufraghi in un sistema di potere che Twain (già a suo tempo) osservava, misurava e metteva a nudo. Terribile consuetudine, la fragilità di ciò che è visibile, per non parlare della dispersione dell’Io: “E quanti secoli, epoche ed eoni si accumulerebbero su di Me, prima che la disintegrazione sia completa, prima che l’ultimo osso si trasformi in gas e venga disperso! Mi piacerebbe sapere a cosa somiglierà giacere inerme durante un così lungo, lungo lasso di tempo, e vedere le mie facoltà decadere ed abolirsi, una ad una, come luci che si affievoliscono, tremolano e si spengono, fino a quando l’oscurità e le più profonde tenebre che – oh! suvvia, basta con questi orrori e fatemi pensare a qualcosa di più vivificante!

La danza intreccia passi microbici e a grandezza d’uomo: il lettore sarà edotto sull’organicità immutabile, che comporta soprusi, ferocia, quel che c’è di peggio e consueto a ogni latitudine e in ogni dimensione. È sufficiente un articolo determinativo a celebrare, a elevare agli occhi della comunità la scarnificata realtà di un essere fugace, replicabile all’infinito. Twain prende di mira la modalità “parruccone”, i minuetti che utilizzano il frasario e le onorificenze allo scopo di camuffare e svilire la sacralità della parola. Ironica acribia, la capacità di cogliere le debolezze dell’uomo-microbo, l’incapacità (dell’uomo-microbo) di farne tesoro e veicolo di maturazione. O più semplicemente l’immaginazione, l’alchimia del grande scrittore, la poderosa inventività che si risolve in poche righe e inebria l’opera, la plasma inconsueta e avvolgente.

Virus Benigni (miti e docili baluardi del Trono) e Maligni, autorizzati, questi ultimi, a guardare i peones dall’alto in basso. Avidità ma anche voglia di conoscere, curiosità, sicuramente diffidenza. E più si cerca più si sprofonda nell’ignoto, che potrebbe rivelare un nucleo di saggezza o l’infinitamente altro, gli Infiniti Mondi. Huck si confida con due bacilli e rivela loro la sua origine di uomo; ne nasce un confronto vivace, a tratti esilarante, che si gioca sulla incomprensione reciproca e sull’ampliarsi della distanza fra la realtà (l’infinità dell’Universo, l’Altro infinito) e la prassi individuale, misurabile.

3000 anni tra i microbi” è un diario di bordo, appunti e incontri con microbi straordinari.

L’esplorazione di Huck-Twain è filosofica, vivacemente polemica, scava nelle dinamiche della Creazione per illustrare a se stesso le aberrazioni insite negli organismi sociali. Cosa rimane, nella nostra percezione abituale, della maestosità della trasformazione, di plotoni microscopici (e a grandezza d’uomo) che garantiscono e determinano i collegamenti all’interno della catena alimentare, di un sistema in equilibrio? Forse un battito d’ali, o l’impressione fugace suscitata da una carestia, da un articolo che tratta di lavoro minorile, di territori devastati dalle attività estrattive. È dunque importante quell’umile acaro? Confessiamolo: in realtà è l’unico attore veramente importante sulla scena. Cos’è quell’insieme di orpelli che chiamiamo Henry il Grande, e di fronte al quale ci inchiniamo, riverenti e tremanti? Cosa sono la tribù dei re e cosa la loro magnificenza? Cosa i loro eserciti e le loro flotte? Cosa la moltitudine di nazioni e cosa il loro orgoglio? Ombre – nient’altro che ombre – nulla è reale al di fuori dello swink (battere “sgobbone”). E la loro ostentata potenza? Un sogno – non vi è altra potenza al di fuori della potenza dello swink. E la loro gloria? Lo swink l’ha data loro, lo swink può riprendersela. E le loro ricchezze, le loro prosperità...

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3000 anni tra i microbi | Mark Twain

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