Beloved Beasts: fighting for Life in an Age of Extinction — Benamati animali: lottare per la vita in un’era di estinzione” di Michelle Nijhui
traduzione a cura di Laura Salaris, recensione di Melissa Dennihy dal sito EcolitBooks
Beloved Beasts è una densa ricostruzione storica del movimento conservazionista internazionale e delle figure chiave che hanno giocato un ruolo cruciale per il suo sviluppo e per aver guidato gli sforzi di conservazione. Il libro parla anche degli attuali dibattiti, sia filosofici che pragmatici, sul “giusto posto dell’uomo sulla Terra”. Scritto da Michelle Nijhuis, una pluripremiata giornalista scientifica e ambientale la cui opera è apparsa — tra le altre pubblicazioni — su The New York Times, The Atlantic e Scientific American, Beloved Beasts è frutto di ricerca meticolosa, attinta da un’ampia varietà di fonti primarie, ma allo stesso tempo accessibile anche ai lettori neofiti di conservazionismo. I capitoli dal ritmo serrato sono suddivisi in brevi, piacevoli passi inframmezzati da fotografie in bianco e nero.
Attraverso un’osservazione del movimento conservazionista da prospettive culturali, politiche, sociali, economiche e storiche, Beloved Beasts indaga anche le origini accademiche del conservazionismo, tracciando a ritroso la nascita dei campi dell’ecologia e della biologia conservazionista nei contesti scientifici e accademici. Il termine stesso “ecologia”, osserva Nijhuis, ha appena cento anni e questo dà la misura di quanto ancora sia embrionale la nostra crescente comprensione dell’interconnessione di tutte le cose viventi. Nijhuis spiega ancora come altri sviluppi accademici e storici — dalla creazione della tassonomia all’invenzione del DDT, fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale — abbiano contribuito a far emergere le recenti nozioni di ecologia, conservazione e ambientalismo.
I dieci capitoli di Beloved Beasts presentano al lettore una sorprendentemente ampia rosa di persone, luoghi e progetti. Nijhuis racconta come siano stati creati e implementati, supportati oppure avversati, i siti, i gruppi e le leggi conservazionisti quali lo Zoo Nazionale dello Smithsonian, il WWF, il Fondo per la Difesa Ambientale e la legge americana sulle specie a rischio d’estinzione. I lettori vengono a conoscenza della miriade di ruoli complessi che, sia gli individui umani che le specie animali, hanno giocato nella storia del conservazionismo: Theodore Roosevelt, William Temple Hornaday, Rosalie Edge, Aldo Leopold, Rachel Carson, Stewart Udall, eElinor Ostrom hanno tutti recitato parti importanti in questa storia, ma la stessa importanza la hanno avuta il bisonte americano, la gru americana, il rinoceronte di Namibia e il cavedano. L’ultimo dei soprammenzionati, un piccolo pesce capace, col suo nido, di supportare e sostentare la vita di tante altre specie nelle acque da lui frequentate, è utile a richiamare uno dei concetti chiave ribaditi attraverso tutto Beloved Beasts, vale a dire che il movimento conservazionista si occupa — o almeno dovrebbe — non solo di “colorati ed enormi uccelli o appariscenti mammiferi”, ma anche “del minuscolo, dello sconosciuto, dell’immobile, persino del disprezzato — e soprattutto della relazione tra tutti loro.”
Sebbene sia mosso da nobili intenti, inclusa — tra i più alti — la conservazione di tutte le creature grandi e piccole, il movimento conservazionista si è impantanato in difficili diatribe, intenzioni tradite e intricate controversie tra fazioni su questioni relative a cosa conservare e come conservarlo. Beloved Beasts ripercorre in maniera coinvolgente la storia del movimento conservazionista e di come sia stato per lungo tempo invischiato con — e in certi casi sia addirittura emerso da — agende politiche incentrate sul mantenimento del potere coloniale, sul suprematismo bianco, l’eccezionalismo americano e le tradizionali nozioni di mascolinità robusta. Persino l’eugenetica ha trovato terreno fertile all’interno del movimento di conservazione nel corso dei secoli. Così facendo, Beloved Beasts utilizza la storia del conservazionismo anche per narrare un racconto ammonitore, ricordandoci che troppo spesso le azioni per la conservazione delle specie hanno avuto fin troppo a che fare con la conservazione del potere — esercitato su altri esseri umani, su altri animali e sulla terra — piuttosto che con la protezione della vita.
Eppure, nonostante questo libro evidenzi come avidità e corruzione degli esseri umani abbiano plasmato sia l’esigenza di dar vita al movimento conservazionista che i suoi sviluppi, Nijhuis pone l’accento sulla complessità umana, su come gli esseri umani da una parte possano distruggere e dall’altra possano ripristinare, essendo, quindi, anche in grado di portare avanti l’opera di conservazione. L’autrice sostiene, inoltre, che la scienza della conservazione dovrebbe coinvolgere non solo scienziati, ma anche sociologi, economisti, storici, scienziati politici e cittadini ordinari. Enfatizzando l’importanza di quello che il biologo Dave Ehrenfeld descrisse come “quello spazio vitale e turbolento dove la biologia incontra le scienze sociali e umane,” Nijhuis scrive che non possiamo “studiare piante e animali come se fossero isolati dalla politica e dalle altre preoccupazioni umane.” L’autrice rimarca quanto la compassione degli uomini verso le altre specie sia elemento fondante del lavoro di conservazione, scrivendo che “i nostri legami emotivi con le altre specie e i loro membri” sono “fondamentali per la conservazione”. In altre parole, Beloved Beasts riconosce agli umani di essere capaci di buone intenzioni, benevolenza e ricostruzione così come di avidità, corruzione e distruzione. È sulla prima serie di qualità, Nijhuis scrive, che si dovrebbe puntare e capitalizzare, se i conservazionisti intendessero realmente incoraggiare gli esseri umani a investire in maniera più consistente su un lavoro di conservazione delle specie diverse dalla nostra.
Nijhuis invita i lettori a riconoscere che gli sforzi di conservazione, per quanto imperfetti o difettosi siano, hanno il reale potenziale di scongiurare estinzioni e decimazioni nelle popolazioni animali — insistendo anche sul fatto che il lavoro di conservazione non possa essere solo un’azione emergenziale o di crisi. Quando decidiamo di concentrarci sulla conservazione di specie, terre e risorse che sono sull’orlo dell’estinzione o del declino di massa, i nostri sforzi per la conservazione arrivano già troppo tardi. Piuttosto, Nijhuis sostiene che i conservazionisti di oggi dovrebbero seguire il consiglio del conservazionista dell’inizio del XX secolo Willard Van Name, il quale avvertì che “il momento di proteggere una specie è finché è ancora diffusa”.
Le tutele attualmente esistenti — a livello locale, nazionale e internazionale, in forma di leggi, trattati e accordi internazionali — per quanto importanti siano, non sono ancora sufficienti a far sì che le specie diffuse rimangano tali o a scongiurare la sesta estinzione di massa, sostiene Nijhuis. Citando le sue parole, “[persino] la più potente legge di tutela delle specie al mondo non lo sarà mai abbastanza da dare una protezione totale a specie diverse da noi stessi.” Beloved Beasts non è, dunque, solo una storia del movimento conservazionista, ma anche un invito all’azione: insistere affinché noi tutti facciamo di più per lottare per la vita in un’era di estinzione.