È così semplice
di Alan Watts
Piano B, 2025
Alan Watts rappresenta una delle figure più significative nella diffusione del pensiero orientale nel mondo occidentale. Filosofo, mistico e fine interprete della spiritualità asiatica, ha saputo coniugare la saggezza del Taoismo e del Buddismo Zen con un’analisi penetrante delle dinamiche sociali, culturali ed esistenziali della modernità.
È così semplice raccoglie una selezione di interventi e seminari tenuti da Watts tra gli anni Cinquanta e Settanta. L’opera si configura non come un semplice testo di divulgazione, ma come un percorso di riflessione che attraversa temi centrali della condizione umana: la percezione del tempo, la natura dell’io, il rapporto con la tecnologia e l’equilibrio ecologico.
Watts mette in discussione le fondamenta della visione meccanicistica e utilitaristica che ha dominato il pensiero occidentale negli ultimi secoli. A suo avviso, la convinzione che l’uomo sia separato dalla natura e chiamato a dominarla conduce a un’esistenza alienata, guidata dall’illusione del controllo e dell’accumulazione. L’invito, invece, è a riconoscere l’interconnessione profonda di tutte le cose e a ritrovare una sintonia con il fluire spontaneo dell’esistenza.
In questa prospettiva, l’essere umano non è un’entità isolata, ma parte integrante di un organismo vivente più ampio. La realtà non va affrontata come un problema da risolvere, ma accolta nella sua complessità dinamica. L’idea stessa di progresso, se non accompagnata da una consapevolezza ecologica e spirituale, rischia di perpetuare un modello distruttivo, fondato su paradigmi obsoleti e disumanizzanti.
Watts propone così una revisione radicale dei concetti di sviluppo, potere, identità e conoscenza. Il pensiero politico, l’educazione e la scienza, secondo lui, dovrebbero ispirarsi a modelli più organici, non gerarchici, dove le parti operano in armonia senza la necessità di un controllo esterno. È una visione che abbraccia la complessità, l’autoregolazione e il principio di interdipendenza come fondamenti di un nuovo equilibrio possibile.
Questo libro non si limita a fornire risposte, ma sollecita domande profonde. Spinge il lettore a sospendere le categorie abituali, a guardare con occhi nuovi l’esperienza del vivere. La semplicità evocata nel titolo non è banalità, ma essenzialità: un ritorno all’origine del sentire, dove l’essere si manifesta pienamente solo quando si rinuncia all’illusione della separazione.
È così semplice è, in ultima analisi, un invito al risveglio: un’apertura verso una comprensione più vasta, in cui l’intelligenza spirituale si unisce a una rinnovata sensibilità etica e ecologica.
Per concessione della casa editrice vi proponiamo, in anteprima, la lettura di un estratto:
La maggior parte delle persone vede un pezzo di legno come un semplice pezzo di legno, ma non e cosi che lo vede un falegname – o almeno, un falegname bravo. Se trattiamo le cose che ci sembrano là fuori come realtà non senzienti, come blocchi inerti e insensibili di materia, i nostri problemi si moltiplicheranno. Facciamo saltare in aria le montagne con la dinamite perché non le consideriamo come esseri viventi. Ho appena visitato un gruppo di nativi americani che mi hanno detto che il continente degli Stati Uniti un giorno si scuoterà tutti di dosso come un cane si scrolla di dosso le pulci. Le tempeste saranno più violente. Terremoti, incendi e inondazioni saranno più devastanti. I parassiti si moltiplicheranno nei modi più strani, finché il continente non si sbarazzerà di noi e lascerà la terra alle persone che l’hanno abitata in origine, e che sanno ancora come trattarla con riverenza e rispetto.
Quando parlo di queste cose in ambienti scientifici e accademici, soprattutto se hanno a che fare con l’esperienza mistica, devo stare molto attento alla terminologia che uso. In realtà non parlo di esperienza mistica, ma di consapevolezza ecologica. È un termine molto più accettabile in ambito accademico, ma in realtà corrisponde più o meno alla stessa cosa. L’accademia non ama discutere di misticismo, è ovvio: per gli accademici è una parola sporca, associata alle nebbie impalpabili e alla vaghezza.
Ad oggi, l’ecologia non è ancora una scienza matura. Forse sarebbe più corretto dire che l’importanza dell’ecologia come scienza multidisciplinare che studia le relazioni tra gli organismi e il loro ambiente è ampiamente riconosciuta, ma che la sua esistenza nelle università di oggi è in conflitto con le politiche dei vari dipartimenti. La maggior parte delle università si basa sull’idea antiquata per cui i campi del sapere devono essere distinti, sebbene la loro classificazione e importanza cambi continuamente nel corso del tempo. Per esempio, durante il Medioevo il dipartimento più importante era quello di teologia, che allora era considerata la regina delle scienze, più o meno come oggi la fisica o la chimica. Adesso la teologia ha perso il suo rango elevato: può esserci un dipartimento di studi teologici, ma in genere è relegato in qualche stanzetta all’interno della facoltà di filosofia, che a sua volta è posta ai margini del campus.
I dipartimenti accademici non sono mai stati entità fisse. I dipartimenti di biologia e fisica hanno dato vita alla biofisica; la biologia e la chimica hanno dato origine alla scienza della biochimica; e dalla fisica e dall’astronomia si è arrivati all’astrofisica. E mentre le formazioni continuano a cambiare, sorgono difficili conseguenze politiche per il semplice motivo che i membri delle facoltà e i presidenti di dipartimento sono ansiosi di proteggere le loro posizioni. Questo spiega perché, quando vengono aperti dipartimenti ibridi, l’establishment etichetta invariabilmente i loro membri alla stregua di dilettanti. Questo è esattamente il caso del fiorente campo dell’ecologia, ai cui specialisti viene ripetuto all’infinito che dovrebbero avere un più solido background nel campo della biologia, zoologia, botanica, batteriologia e così via.
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