DOMANI | Cyril Dion
Traduzione Luisa Lanni
LINDAU EDIZIONI 2016
Sul sito di “Le Monde” appare un articolo dal titolo “La fine del mondo nel 2100?” che delinea scenari irreversibili indotti dall’alterazione degli ecosistemi. Lo ha scritto Audrey Garric, un giornalista che si occupa di ecologia.
Chi sta leggendo l’articolo è in vacanza con la sua famiglia. È profondamente colpito dagli argomenti trattati, che riassumono uno studio pubblicato dalla rivista “Nature”. Decide di parlarne agli amici che insieme a lui condividono la vacanza, ma la reazione che ottiene è del tutto inaspettata, a prevalere è un sentimento di rassegnazione: “Sappiamo perfettamente che è la catastrofe… ma allo stesso tempo, cosa possiamo farci?”. La notizia, come si dice, non fa presa. Anche quasi tutti i mezzi di informazione scansano il tema lanciato online da “Le Monde”, gli unici a riprenderlo sono il quotidiano “Libération”, la rivista “Alternatives économiques” e due siti internet.
Dion, attivista, poeta, regista (nonché lettore dell’articolo in questione), non si lascia intimorire dal paradosso e decide di trasformarlo in uno spunto di riflessione, per capire “cosa spinge le persone comuni, gli imprenditori, i politici ad agire… o a restarsene con le mani in mano”.
I motivi di preoccupazione da molti decenni sono argomentati in ambito scientifico, divulgati da organismi pubblici e non governativi, ma nonostante ciò, nel frattempo, scompariva “la metà delle specie selvatiche, la temperatura terrestre continuava ad aumentare, i mucchi di spazzature si accumulavano, un miliardo di persone restava senza cibo”.
Cyril Dion ponendosi domande sulla deriva a cui sembra destinato il nostro pianeta perviene a due conclusioni. Innanzitutto che soffriamo di una crescente virtualizzazione della realtà, alterazione che ci rende inerti rispetto a tutto ciò che avviene lontano da noi, geograficamente o nell’interpretazione temporale: i cambiamenti climatici legati alla produzione smodata di energia, la sofferenza di chi, dall’altra parte del mondo, è reso schiavo dal potere delle multinazionali, il destino degli animali in fila sulle catene dei macelli meccanizzati. La seconda considerazione riguarda la mancanza di prospettiva, di una visione allettante dell’ecologia, di un progetto globale a cui ognuno può dare il proprio contributo. Sta in questa lettura della società l’origine del pensiero e dell’azione di Cyril Dion: “Forse dovevamo innanzitutto costruire un senso, un entusiasmo, delle storie che parlassero in modo chiaro sia alla nostra intelligenza sia ai nostri cuori”.
La narrazione, il racconto, rappresentano il mezzo più persuasivo per indirizzare le persone verso un rinnovato stile di vita. Religioni, Stati, Storia, ma anche la letteratura e il cinema: l’uomo da sempre elabora storie individuali e collettive per sconfiggere la paura, per plasmare il proprio immaginario. “La volontà di spingere tutta o una parte dell’umanità in una nuova direzione, più ecologica e più sostenibile, non poteva reggersi senza gettare le basi di una nuova fiction collettiva”.
Impostate le coordinate “filosofiche” del suo progetto, nel 2010 Dion inizia a scrivere un film che possa rappresentare il possibile mondo di domani, mostrando le fondamenta che già conosciamo, le iniziative innovatrici che concorrono a reinventare l’agricoltura, l’energia, l’urbanistica, l’economia, la democrazia, l’istruzione. Dopo un anno coinvolge nella realizzazione dell’opera l’attrice e regista Mélanie Laurent e superati alcuni intoppi organizzativi, grazie ad una campagna di crowdfunding che apporta 450.000 euro, la narrazione, l’avventura, può avere inizio.
Cyril e Mélanie viaggiano in 10 paesi, incontrano quasi cinquanta tra studiosi, attivisti, imprenditori, politici, impegnati a collocare l’architrave di una Terra più equa e solidale. Prende corpo e si realizza il progetto “Domani”, declinato in un film (più di un milione di spettatori in Francia) e in un libro, pubblicato in Italia nel 2016 da Edizioni Lindau. Nei sei capitoli del volume l’autore racconta delle donne e degli uomini che ogni giorno cambiano davvero il mondo: Jeremy Rifkin, Pierre Rabhi, Rob Hopkins, Vandana Shiva, il movimento dell’agricoltura urbana a Detroit, “Gli incredibili commestibili” di Todmorden, i membri della rete B.A.L.L.E (Business Alliance for Local Living Economies), i partecipanti della “Rivoluzione delle pentole” in Islanda.
Il viaggio del regista francese si alimenta di curiosità, di prospettive virate in positivo. Gli incontri con alcuni fra i massimi fautori del cambiamento delineano un percorso virtuoso, la fattibilità di obiettivi che hanno come denominatore comune l’intraprendenza, la voglia di essere artefici del proprio futuro, la creatività. “Domani” invita a riflettere sulla necessità che gli esseri umani lavorino insieme, si mobilitino, si aiutino a vicenda per costruire un mondo diverso, dove tutto è collegato, interdipendente, in comunicazione come nella natura.
Il quadro prospettato non contempla la rassegnazione, l’isolamento indotto da sistemi di vita “preconfezionati”. Occorre lottare insieme per una mutamento culturale, personale e complessivo, esortazione che traspare dalle parole dell’attivista Pam Warhurst, ideatrice del movimento di condivisione del cibo Incredible Edible: “Abbiamo cresciuto una generazione di vittime, di persone che vivono con il sentimento di non avere niente da dare, che non sanno più da dove iniziare per far girare meglio il proprio mondo. Però se si comincia dalla più piccola delle cose, il cibo, la paura passerà. E a poco a poco le nuove generazioni inizieranno a ridefinire lo spazio della loro vita in modo diverso. Quando le persone piantano qualcosa, nel giardino dietro casa o in mezzo alla strada, e questa azione banale si aggiunge a quella di un’intera comunità, permettendo di raggrupparsi, di condividere, allora torna anche la fiducia. E tutti ricominciano a credere in sé stessi. A sentire di essere capaci di fare qualunque cosa.”
Il film che racconta il progetto «Domani» è distribuito da Lucky Red