Pubblichiamo con piacere questa intervista allo scrittore Massimiliano Parente. L’abbiamo realizzata in collaborazione con gli amici di CrapulaClub ricercato blog di cultura letteraria. Sono quindi Antonio Russo De Vivo (ARDV) e Alfredo Zucchi (AZ) ad alternarsi alla consolle di ZEST per dialogare con Massimiliano. Da parte mia, oltre a ringraziarlo per la generosità nelle risposte, fornisco una breve nota biografica e vi auguro buona lettura..
Io non vedo una grande differenza tra vero e fasullo, anche perché, in assoluto, l’idea che qualcosa sia finta è una finzione.
Dal sito dell’autore.
Massimiliano Parente nasce a Grosseto nel 1970, ha pubblicato i romanzi Incantata o no che fosse (ES 1998), Mamma (Castelvecchi 2000), Canto della caduta (ES 2003), La macinatrice (Pequod 2005), Contronatura (Bompiani 2008), L’inumano (Mondadori 2012), Il più grande artista del mondo dopo Adolf Hitler (Mondadori 2014) e L’amore ai tempi di Batman (Mondadori 2016);
Inoltre è autore del saggio sulla Recherche di Marcel Proust L’evidenza della cosa terribile (Cooper 2010) e del pamphlet La casta dei radical chic (Newton Compton Editori 2010) e ultimo Il vero cafone (Mondadori 2016).
Dal sito dell’autore: Cos’è un cafone? Un bizzarro che rutta? Chi si mette le dita nel naso? Non solo, troppo facile. Perché la cafonaggine, come la signorilità, e i costumi in generale, non sono concetti immutabili, ma cambiano con il cambiare dei tempi… .
Massimiliano Parente ha collaborato con le pagine culturali de Il Foglio, Libero, Le scienze. Dal 2009 collabora in esclusiva con Il Giornale.
ARDV Quale credi sia il limite della letteratura italiana contemporanea che ci fa apparire così provinciali rispetto ad altre letterature e rispetto alla nostra storia fino al Novecento? Ammesso per te ci sia, naturalmente.
Gli italiani non appaiono più provinciali, lo sono. La stragrande maggioranza degli scrittori italiani sembrano usciti da una scuola di sindacalismo, non pensano a produrre opere fondamentali nella letteratura, ammesso ne siano capaci, ma a timbrare il cartellino dell’impegno politico ombelicale, del regionalismo, dell’interesse sociale ristretto al proprio paese o al proprio campanile. Non hanno inoltre nessun attrito con la struttura romanzo, tanto meno con la lingua che usano, per cui siamo pieni di piccoli compiti narrativi senza arte né parte, a parte la parte politico-sociologica dove dichiarano di stare.
AZ Quali sono gli scrittori a cui ti ispiri? Quali tra gli scrittori contemporanei a cui ti senti vicino?
Tra tutti, sicuramente, Marcel Proust, anche per la portata epistemologica della sua opera, che per me è fondamentale. Uno scrittore la cui opera non sia anche importante dal punto di vista della percezione della realtà, e dunque non studi anche la scienza, è solo un narratore, quindi poca cosa. E poi Giacomo Leopardi, come pensatore, e Samuel Beckett, quello della trilogia e anche il più estremo. Sempre stato poco attratto invece da Joyce.
Tra i contemporanei ha avuto importanza quando avevo vent’anni Aldo Busi, con il quale avevo un rapporto epistolare, che talvolta continua tutt’oggi pur con molte, spesso troppe differenze di visione, e al quale imputo lo stesso difetto di provincialismo che vedo in altri, seppure il suo contributo sulla letteratura italiana sia tra i più rilevanti, ma non si può fare letteratura di sola lingua. Oltre a Busi anche Alberto Arbasino, anche qui con le opportune riserve, non tanto dovute alla sua opera ma a ciò che di essa è inconciliabile con la mia. Avere dei riferimenti non significa sentirsene a proprio agio.
Ci sono poi molti americani, da Richard Ford a David Foster Wallace, un austriaco, Thomas Bernhard, e anche autori francesi poco noti in Italia come Hervé Guibert. E moltissimi scienziati che reputo importanti anche come scrittori, benché in senso lato, come Stephen Pinker. Tuttavia non ho mai aderito completamente a nessuno scrittore, se così fosse stato non avrei mai scritto. A parte Proust, per le estreme conseguenze a cui porta la Recherche ne Il tempo ritrovato. Ogni aspirante scrittore dovrebbe leggere la Recherche almeno cinque volte, e comprenderla, altrimenti è un analfabeta.
AZ Dopo la trilogia dell’inumano e due libri più pop, qual è la direzione della tua scrittura?
Non ne ho idea, l’anno scorso ho perso mio padre, a cui ero molto legato, e sono caduto in una crisi depressiva da cui non esco e non so se uscirò. D’altra parte sento anche di aver scritto le opere più importanti (è la prima volta che lo dichiaro) tutto ciò che volevo dire l’ho detto, e scrivere opere minori non mi entusiasma, come non mi entusiasma più scrivere in Italia, un paese disgustoso di assoluta mediocrità e corruzione culturale.
ARDV Domanda in Marzullo-style: scrivere è un mestiere o un lavoro forzato?
Per uno scrittore è come l’acqua per uno squalo, l’unica dimensione che ha di sopravvivenza. Per questo, ultimamente, mi sento morto, già postumo in vita. Talmente postumo che quando uno studente mi contatta perché vuole fare una tesi di laurea su di me non riesco a dargli retta, non sento di esserci né di potergli essere utile in alcun modo. È lo stesso motivo per cui non presento i miei libri: la mia presenza, le mie parole, ciò che penso io dopo aver lavorato per due, tre, quattro anni a un’opera non solo è irrilevante ma può solo danneggiarla.
ARDV Domanda in Marzullo-style, part II: i tuoi libri si adattano ai lettori o i lettori devono adattarsi ai tuoi libri?
Ogni lettore deve adattarsi a un libro, se è un’opera, mentre se è il libro che si adatta al lettore significa che non vale la pena di leggerlo.
AZ La scienza è uno dei temi cardine dei tuoi libri e una delle leve tramite cui scateni la tua vis polemica. Qual è la teoria scientifica che più condiziona la tua scrittura?
In particolare l’evoluzionismo, la meccanica quantistica e l’astrofisica. Sono tre campi in cui la scienza ha compiuto, nell’ultimo secolo e mezzo, rivoluzioni radicali, talmente radicali che il mondo umanistico ha preferito rinchiudersi in una torre d’avorio, non volendone sapere niente. Ma la scienza non è altro che il modo principale per comprendere la realtà, senza scienza si è semplicemente ciechi o stupidi. A proposito, nel mio saggio sulla Recherche L’evidenza della cosa terribile dimostro come la lettura di Charles Darwin abbia modificato radicalmente la visione della vita di Proust, e pensare che i letterati di oggi ancora non l’hanno recepita, o si limitano al refrain, falso, secondo cui “l’uomo discende dalla scimmia”.
AZ Come entra la letteratura nel dibattito politico? Cosa c’è oltre la provocazione?
Personalmente non mi sono mai sentito provocatorio ma provocato. Non è una provocazione, invece, assistere ogni giorno a un omino vestito di bianco che vi parla di un omone che vive nel cielo e ha creato il mondo? Oggi? Con tutto quello che sappiamo? Ecco, questo è, a mio avviso, un punto di vista profondamente politico, non occuparsi della mafia o della crisi economica, cosa che spetta a magistrati, giornalisti o economisti, non certo a uno scrittore.
ARDV Ricordo un articolo sarcastico, cinico e spietato contro le “murge” e le “parrelle”. Secondo te esiste una scrittura femminile? Quali sono le tue scrittrici preferite?
Secondo me esiste la letteratura, che non è né maschile né femminile. Amo Virginia Woolf e, tra le viventi, Joyce Carol Oates, che meriterebbe un Nobel e forse un giorno lo vincerà se anziché continuare a scrivere romanzi si metterà a scrivere canzoni.
AZ Ne Il più grande artista del mondo dopo Adolf Hitler c’è una bella riflessione sull’opera d’arte e sull’“aura benjaminiana”. Dopo Duchamp, cos’è un’opera d’arte?
Nell’arte contemporanea, dopo le avanguardie storiche e le neoavanguardie, è difficile dire cosa resterà e cosa no, perché vale tutto e il contrario di tutto, e mancano visioni forti. Di certo una cosa importante è che se ne parli e che l’opera entri in un certo circuito, come aveva capito Marcel Duchamp. Il punto non è firmare un orinatoio ma farlo entrare in un museo, renderlo storico. Chi entra in un museo, e ci resta per un certo numero di anni, diciamo venti, ha fatto un capolavoro.
AZ L’uso politicamente scorretto che fai dei social avalla un’affermazione in Contronatura (Bompiani 2008): “io non ho inconscio”. Che relazione c’è tra i tuoi libri e il tuo “personaggio”?
Nessuna, mentre ce n’è molta con la mia persona. Sono talmente fatto di scrittura che la mia persona è totalmente vuota, insignificante. Molte persone non si rendono conto di quanto io sia vuoto. Così, pur rifiutando tutti gli inviti, quando per ragioni di promozioni mi tocca andare in televisione, devo ricorrere al personaggio, che sarebbe ciò che io credo dovrebbe pensare Parente in quella data situazione, ma io non ci sono mai, senza una tastiera su cui battere tasti sono una nullità.
ARDV Lo scrittore deve impegnarsi nella sfera pubblica? Ha una responsabilità etica?
No, uno scrittore deve impegnarsi a scrivere opere che siano importanti, che diano qualcosa alla visione del mondo, che abbiano un certo disagio e una certa carica polemica con le parole, soprattutto con le parole che NON si usano, perché è attraverso il linguaggio che prende forma l’opera. Bisogna scrivere e non essere scritti. A parte questo l’unica responsabilità etica di uno scrittore è non averne alcuna.
ARDV Per concludere una domanda scomoda: Che ruolo ritieni di avere nella letteratura contemporanea? Esisterai anche per i posteri? Credi che la tua opera abbia un posto importante nella storia della letteratura?
Ho scritto dei romanzi la cui portata è ancora tutt’oggi non percepita, uno scandalo assoluto che conosce solo chi li ha letti e compresi. Sono totalmente convinto della rilevanza fondamentale della mia opera e non solo a livello italiano ma occidentale. Non conosco nessuno scrittore, neppure americano, che sia in grado di concepire un progetto come la trilogia, e questo per i limiti della cultura umanistica. A parte le ragioni personali anche per questo, in fondo, sento di non aver più niente da dire.