Material Matters L’IMPORTANZA DELLA MATERIA
Un’alternativa all’economia del sovrasfruttamento
Thomas Rau e Sabine Oberhuber
2019 Edizioni Ambiente
Un passaporto dei materiali per accelerare la transizione verso l’economia circolare. Per porre fine all’economia dello spreco e del sovrasfruttamento dobbiamo riconoscere i “diritti universali dei materiali”
Quanto durerà lo smartphone che abbiamo in tasca oggi? Due, tre anni? Ci penserà comunque un aggiornamento software o la forza di persuasione del marketing a farlo fuori.
Ma quanto potrebbero durare, invece, i materiali e le componenti con cui è realizzato? Mentre il consumo assume ritmi sempre più veloci le reali qualità dei materiali con cui gli oggetti e i beni che acquistiamo sono realizzati sembrano contare solo in termini di immagine. È chiaro che abbiamo un problema con le materie, anche perché di questo “trionfo del temporaneo” sono le conseguenze ad essere permanenti.
Secondo Thomas Rau e Sabine Oberhuber, possiamo riuscire a tutelare i “diritti dei materiali”, come quello di non essere sprecati. Material Matters è il brillante racconto di ciò che è già stato fatto e di quello che ancora rimane da fare per realizzare quel passaggio – dal lineare al circolare – che è l’unico capace di garantire la sostenibilità del nostro sistema economico.
Thomas Rau è architetto, progetta edifici che producono più energia di quanta ne consumano e ha realizzato il primo edificio “circolare” al mondo. Nel 2016 è stato nominato per il World Economic Forum’s Circular Leadership Award.
Sabine Oberhuber ha fondato, assieme a Thomas Rau, Turntoo, la prima azienda olandese specializzata sull’economia circolare. Ha studiato all’Università di Münster e alla ESCP European Business School.
per gentile concessione della casa editrice pubblichiamo per intero l’Introduzione.
Viviamo in un’epoca di cambiamenti rapidi e sostanziali. Ogni giorno crollano quelle che erano certezze solide, e dobbiamo accettare cose ritenute impossibili. Come la Brexit, per esempio, o il risultato assolutamente “improbabile” delle elezioni negli Stati Uniti. Ma tutto ciò è davvero così sorprendente o abbiamo semplicemente ignorato le cause profonde e i segni premonitori di questi eventi? Da anni ormai, nella nostra società, vi sono problemi urgenti che vengono però ignorati sistematicamente. Finché non ci scontriamo con le conseguenze ci permettiamo un atteggiamento indolente. In sostanza, interveniamo solo quando quei problemi urgenti diventano così evidenti da fare notizia, ma a quel punto è spesso troppo tardi per dare una risposta adeguata: basti pensare alla crisi dei migranti. Un problema sempre più pressante è la crisi ecologica: di tanto in tanto compare sui nostri schermi sotto forma di ciclone o inondazione, ma poi sparisce rapidamente sullo sfondo del nostro sovraffollato mondo mediatico. Questa crisi è provocata da un sistema economico in cui i profitti e le perdite costituiscono gli unici parametri alla base dei processi decisionali. Peggio ancora: la nostra cultura è talmente condizionata dal pensiero unico economico che questo sguardo puramente quantitativo sul mondo contribuisce a far sì che i problemi vengano trascurati. Le grandi questioni globali sono collegate alla linearità del nostro sistema economico: estraiamo materie prime, le usiamo e poi le gettiamo via. Take, make and waste. Oltre a un gigantesco spreco di risorse, questo si traduce anche nella distruzione della biodiversità e nei cambiamenti climatici. La Terra è un sistema chiuso, nel quale la nostra permanenza è solo temporanea. E invece di comportarci da ospiti responsabili, preservando ciò che rende possibile la nostra presenza in questo luogo, abbiamo creato un sistema che mette in pericolo la nostra stessa esistenza e quella di molti altri esseri che abitano su questo pianeta. Dal secolo scorso mandiamo avanti un sistema economico fondato su una crescita continua, esponenziale, e da questo facciamo dipendere il nostro benessere. Per farlo funzionare dobbiamo consumare prodotti in quantità sempre maggiori, e così ci siamo infilati in un vicolo cieco: la vita dei prodotti viene abbreviata artificialmente, la cosiddetta innovazione viene spesso usata per farli invecchiare più rapidamente, e a causa dei continui cambiamenti nelle mode, a ogni stagione acquistiamo qualcosa di nuovo. Questo sistema non può essere corretto attraverso piccoli miglioramenti, ma solo organizzando la nostra economia in modo fondamentalmente diverso. Prima di tutto dovremmo riconoscere che la proprietà comporta responsabilità. Attualmente entriamo in possesso di tutta una serie di cose per le quali, nel lungo termine, non possiamo assumerci alcuna responsabilità. Se il laptop sul quale scriviamo questo libro non soddisfa più le nostre esigenze, il nostro atteggiamento responsabile verso la proprietà viene messo a dura prova. Non possiamo prenderci cura di tutte le materie prime e dei materiali lavorati e contenuti in un prodotto, né tantomeno possiamo riutilizzarli. Anzi: spesso non sappiamo neppure di quali materie prime e di quali materiali sia fatto e quali siano le loro caratteristiche. Quindi non siamo assolutamente in grado di gestire in modo responsabile ciò che è in nostro possesso nel momento in cui non risponde più alle nostre necessità. Per uscire da questo dilemma serve una concezione diversa della proprietà: dobbiamo cioè stabilire che non occorre più possedere i prodotti per poterli utilizzare. Solo così possiamo riuscire a non consumare più i materiali ma semplicemente a usarli. Dobbiamo passare a un modello in cui il produttore resti responsabile del suo prodotto, di modo che potere e responsabilità non siano più separati. Un modello in cui le materie prime pregiate non vengano più degradate a rifiuti, ma circolino perennemente nel sistema economico. Ciò comporta nuovi modelli dei ricavi e la conseguente registrazione dell’ubicazione dei materiali mediante un passaporto dei materiali. I rifiuti, infatti, non sono altro che materie prime senza carta d’identità. Ma non è tutto. Quando ci rendiamo conto che usiamo la maggior parte dei prodotti (e quindi delle materie prime) solo per un breve periodo, comprendiamo anche come, in una prospettiva più ampia, ciò debba valere anche per i produttori. Dovremo pertanto domandarci a chi spetti il diritto di proprietà delle materie prime – anche ai produttori, alla lunga, vengono fatte richieste eccessive. Secondo noi occorre perciò ripercorrere l’intera catena produttiva, dalla “miniera” all’utilizzatore finale, e stabilire di nuovo in che misura la proprietà sia funzionale o inevitabile. Nel “modello Turntoo” da noi creato, questa riflessione porta alla conclusione che non solo i prodotti, ma anche i materiali devono diventare servizi. All’attuale catena di creazione del valore viene così aggiunta una catena di conservazione del valore, il che porta a un radicale cambiamento dell’intero sistema economico. Per modificare l’economia dobbiamo prima renderci conto che essa è il riflesso della nostra coscienza e della visione del mondo che vi è incorporata. Anche se fin dal XVI secolo sappiamo che la Terra gira intorno al sole e che il nostro pianeta è uno dei tanti in un universo infinito, continuiamo a comportarci come se fossimo il centro del cosmo: tutto viene subordinato ai nostri interessi. Questo antropocentrismo è la base del sistema economico lineare che ci ha portato alla crisi attuale. Per uscirne è importante cambiare sia le regole dell’economia sia quelle della società. Da cui anche il titolo L’importanza dei materiali. Dobbiamo capire che i materiali sono importanti, e che, connessi a questo tema, vi sono molti altri aspetti essenziali sui quali ormai dobbiamo davvero intervenire. Infatti siamo solo ospiti su questa terra. Questa consapevolezza è stata la spinta che ci ha portato a costituire nel 1992 la RAU Architecten. Strada facendo ci siamo accorti che le domande che ci ponevamo non coglievano una dimensione: perché la Terra resti vivibile non bastano solo degli edifici ecologici e capaci di produrre energia. Per questo, nel 2010 abbiamo dato vita a Turntoo, la prima organizzazione nei Paesi Bassi ispirata ai concetti dell’economia circolare e allo sviluppo di modelli dei ricavi che non comportino più lo spreco di materie prime preziose. Abbiamo investito molto per riuscire a inserire questo tema nell’agenda sociale; in questo modo si è formato anche il contenuto di questo libro. Negli anni passati ci siamo convinti che l’economia circolare sia in effetti un importante passo in avanti, ma che, in ultima analisi, occorrano ulteriori progressi per giungere alla totale trasformazione dell’attuale sistema. La trasformazione a cui puntiamo porta infine a un sistema economico vivibile, costituito da una serie di elementi fondamentali che in questo libro abbiamo chiamato collettivamente “il modello Turntoo”. L’importanza dei materiali delinea una nuova prospettiva per dare corso a questa trasformazione. È incoraggiante vedere che l’idea di un cambiamento del nostro sistema economico riscuote sempre più consensi: amministrazioni, enti locali e soggetti imprenditoriali ne segnalano la necessità. Ma questo movimento ha ovviamente dei precursori, che da decenni auspicano una simile trasformazione. Ne abbiamo incontrati molti durante il nostro “viaggio”, e siamo colmi di ammirazione per la loro opera. Quello che ci unisce può essere riassunto nelle parole di Victor Hugo: “Nulla è più potente di un’idea di cui sia giunto il tempo”.