Sulla scrittura, dialogo con gli scrittori: Rubrica Tips di Scrittura
Vanni Santoni scrittore e editor, dirige la collana di narrativa di Tunué.
Vanni Santoni (1978), dopo l'esordio con Personaggi precari ha pubblicato, tra gli altri, Gli interessi in comune (Feltrinelli 2008), Se fossi fuoco arderei Firenze (Laterza 2011), Terra ignota e Terra ignota 2 (Mondadori 2013 e 2014), Muro di casse (Laterza 2015) e La stanza profonda (Laterza 2017, candidato al Premio Strega). Scrive sul Corriere della Sera e dirige la narrativa di Tunué. Il suo ultimo romanzo è I fratelli Michelangelo (Mondadori 2019).
Quali ritieni possano essere i segreti, tecnici e non, fondamentali della scrittura?
Leggere, leggere, leggere. Poi leggere ancora. Bisogna leggere tutto, prima di tutto coprire i buchi che si hanno sui classici (e se ne hanno sempre), rileggere i classici che si sono già letti, leggere i capolavori contemporanei – e anche qualche non-capolavoro perché è importante anche essere aggiornati su cosa esce in un dato momento storico –, e poi leggere i saggi e la poesia. E i libri che ci servono per il libro che stiamo scrivendo in un dato momento. E poi bisogna leggere ancora. La “dieta” è tutto. Dopo la dieta, c’è la disciplina. Scrivere tutti i giorni. La regolarità è essenziale. L’ho sempre sospettato e ho trovato conferma intervistando diversi grandi scrittori italiani e internazionali per i “Discorsi sul metodo”. Ma prima, leggere, leggere, leggere.
Scrivere aiutandosi con uno schema o in modo libero?
Dipende dal testo. Quando ho scritto romanzi di impronta avventurosa, ovvero mossi anzitutto dalla trama, come la saga di Terra ignota o L’impero del sogno – ma vale anche per un romanzo storico come In territorio nemico –, ho trovato che un soggetto, che poi si fa storyboard via via più minuzioso, sia utile. Nei casi di libri fortemente tematizzati, come Muro di casse o La stanza profonda, ho trovato invece utile realizzare una mappa concettuale – a partire dal lavoro di ricerca svolto prima – in cui poi la dimensione narrativa trova degli attrattori. Quando invece si fa narrativa letteraria “pura”, come nei Fratelli Michelangelo – quella, per capirci, che è mossa prima di tutto dallo stile e poi da struttura e pensiero, e solo in seconda istanza dalla trama – un approccio del genere sarebbe assurdo. Bisogna inseguire singole immagini, bozzetti di personaggi, costruirci sopra, vedere se portano a qualcosa, non di rado abbandonarli e ripartire, sviluppare in parallelo parti che non si sa se finiranno mai assieme. Solo quando si è molto avanti coi lavori, e si deve cominciare a mettere ordine, collegare, ordinare, selezionare, ricucire, allora gli schemi diventano utili.
Quante ore al giorno è bene scrivere?
Non mi sembra una buona idea misurare il lavoro letterario in ore, dato che a volte – dipende anche dal punto in cui si è nei lavori – si è molto produttivi e altre si fa fatica. Molto meglio darsi un tot di battute al giorno, 4-5000 per me è ideale, per un principiante vanno bene anche 2-3000 (non di meno perché altrimenti non c’è spazio per sviluppare una scena, un discorso), e cercare di farle tutti i giorni. A volte ci vorrà un’oretta, altre cinque, ma così ogni giorno sapremo se si è fatto il “nostro dovere”. So bene che in realtà la quantità non conta e l’importante è solo la qualità, ma la quantità ha una caratteristica: si può misurare. E questo, quando stai ancora lavorando a un testo, è importante.
Si corregge durante o solo alla fine?
Premesso che non parlerei di “correggere”, quanto di rileggere e riscrivere, trovo che sia un discorso troppo variabile a seconda dei testi (e degli autori) per essere affrontato in breve, ma non c’è dubbio sul fatto che via via che un autore si fa più esperto, e quindi più sicuro, tenderà a rileggere sempre meno in corso d’opera, e puntare a una bozza grezza, se non del libro intero delle su parti, su cui poi lavorare anche in modo sostanziale.
Volendo definire un metodo efficace quale ti sentiresti di proporre per la narrativa?
Non esistono metodi di lavoro univoci nelle arti – certamente non ce ne sono nella letteratura – e chi lo sostiene mente. Ogni opera richiede un approccio differente, uno stile, una forma e una struttura differente, e la creazione dell’opera è, ogni volta, anche creazione del metodo specifico per realizzarla.
Come si interagisce e quando con un editor?
Ho raccontato dettagliatamente il mio approccio al mestiere dell’editor in questa intervista e in questa.
Quali consigli daresti a un esordiente?
Ho raccolto tutti i buoni consigli che posso dare a un aspirante autore in questo articolo, così da renderli fruibili ogni volta a tutti in modo esteso. Uno in particolare vale la pena ripeterlo sempre: scrivere sulle riviste – o, ancora meglio, fondare una – e posizionarsi così nella “società letteraria” è infinitamente più utile che mandare manoscritti in giro come fossero messaggi in bottiglia.
Scrivere a mano o al pc?
Io scrivo al pc e faccio a mano solo gli schemi, ma conosco ottimi autori che la prima stesura la fanno a mano.