Adam Zagajewski (1945) poeta, saggista e scrittore polacco
Il viandante
Entro in sala d’aspetto alla stazione,
manca l’aria.
In tasca ho un libro,
poesie altrui, tracce d’ispirazione.
Accanto, sulle panche, due vagabondi e un ubriaco
(oppure due ubriachi e un vagabondo).
Al lato opposto della sala, lo sguardo volto altrove,
in alto, verso l’Italia e il cielo,
siede un’elegante coppia anziana.
Fummo sempre divisi. L’umanità, i popoli,
le sale d’aspetto.
Mi fermo un attimo, incerto a quale sofferenza unirmi.
Infine mi siedo al centro,
leggo. Sono solo, ma non mi sento tale.
Un viandante che non viaggia.
Svanisce
la visione. Montagne di respiri, soffocanti
pianure. La divisione perdura.
A mezzanotte
Parlammo a lungo nella notte, in cucina;
alla morbida luce della lampada a petrolio
gli oggetti, incoraggiati dalla sua delicatezza,
spuntavano dal buio, svelando i propri
nomi: sedia, tavolo, saliera.
A mezzanotte dicesti: andiamo
fuori. D’un tratto vedemmo il cielo
ed esplosero le stelle, stelle d’agosto.
Il pallido fuoco della notte tremava
sopra di noi, indomito, eterno.
Il mondo ardeva, senza voce, avvolto
dal bianco incendio in cui dormivano i villaggi,
le chiese e le biche di fieno profumate di menta
e di trifoglio. Ardevano gli alberi e le torri,
l’acqua e l’aria, il vento le fiamme.
Cos’è il silenzio di questa notte se i vulcani
hanno gli occhi spalancati e il passato
è presente, minaccioso, e spunta dalla tana
come la luna o l’arbusto di ginepro?
Sono fresche le tue labbra e sarà fresca l’aurora,
telo gettato su una fronte che scotta.
La musica ascoltata con te
La musica ascoltata con te
resterà sempre con noi.
Il grave Brahms e l’elegiaco Schubert,
alcuni canti, la terza sonata di Chopin,
quartetti dal suono
che lacera il cuore (Beethoven, gli adagi)
e la tristezza di Šostakovič, che
non voleva morire.
I grandi cori nella passioni di Bach
– come se qualcuno ci chiamasse
ed esigesse da noi la gioia,
pura e disinteressata,
la gioia in cui la fede
è qualcosa di ovvio.
Certi frammenti di Lutosławski
fuggitivi come i nostri pensieri.
I blues di una cantante di colore
ci trafiggevano come acciaio lucente –
anche se ci avevano raggiunto in strada,
in una brutta città polverosa.
Le marce di Mahler che non hanno fine,
la voce della tromba che apre la Quinta sinfonia
e la prima parte della Nona
(talvolta tu la chiami <<malheur>>!).
La disperazione di Mozart nel Requiem,
i suoi concerti per pianoforte sereni,
che meglio di me cantarellavi
– ma ciò lo sapevi bene.
La musica ascoltata con te
tacerà insieme a noi.
Poesie tratte da:
Adam Zagajewski “Dalla vita degli oggetti – Poesie 1983-2005” Adelphi, 2012