America 2030
Sviluppo, sostenibilità e la nuova economia dopo Trump
di Jeffrey Sachs
Luiss University Press
Marzo 2018
commento di Alessio Alberini
In questo breve saggio Jeffrey Sachs dà una dura lezione al popolo americano, colpevole, a suo parere, di aver ignorato le pericolose posizioni di Trump sui temi ambientali.
In realtà non perdona nulla nemmeno alle amministrazioni precedenti, iniziando con quella Obama. In questo suo esercizio di equilibrio la situazione appare disarmante: è tutto sbagliato, è tutto da rifare.
Per fortuna una soluzione c’è ed è il raggiungimento dei 17 SDGs (Sustainable Development Goals / Obiettivi di Sviluppo sostenibile). Per raggiungere i quali Jeffrey Sachs individua una serie di azioni, alcune note, altre meno, facilmente percorribili e di sicuro risultato.
Difficile giudicare se le ricette proposte per gli USA, paese archetipo dello sviluppo occidentale, potranno poi essere applicate all’Europa, abitato da una umanità antropologicamente assai diversa. Ma il lettore da questa parte dell’oceano una suggestione molto forte la ricava: serve tempo ma non c’è più tempo.
A questo punto urge una riflessione profonda. Se il tempo, lungo ma scarso, è la vera variabile, la soluzione non verrà dalla politica – così aspramente criticata anche da Jeffrey Sachs – che vive del consenso, conquistato oggi per domani. Mai come in questi tempi la cosiddetta “società civile”ha l’onore e l’opportunità di fare la differenza, invitando la classe imprenditoriale a fare la sua parte.
Il 2030 è alle porte, leggiamo il saggio di Jeffrey Sachs ma poi diamoci da fare.
In questo breve saggio Jeffrey Sachs da una dura lezione al popolo americano, colpevole, a suo parere, di aver ignorato le pericolose posizioni di Trump sui temi ambientali.
[…] Immaginare gli Stati Uniti nel 2030 è possibile. Ed è altrettanto possibile individuare, in modo condiviso, le sfide da affrontare. Poi si può litigare all’infinito su come raggiungere gli obiettivi ma se i partiti e gli elettori si mettono in un’ottica di medio periodo, il compromesso diventa una necessità invece che una sconfitta. Anche in Italia bisognerebbe tentare lo stesso approccio: inserire nella Costituzione il principio dello sviluppo sostenibile, rispettare gli accordi di Parigi perla lotta ai cambiamenti climatici, aumentare gli aiuti pubblici allo sviluppo e così via. Il libro di Sachs non è per i tecnici suoi colleghi, è scritto per i politici, per spiegare loro come si costruiscono promesse ambiziose, argomentate e misurabili nei risultati. (dalla prefazione di Stefano Feltri)
Per gentile concessione della casa editrice pubblichiamo l’intero capitolo 9
Una linea politica a favore dell’energia pulita negli Stati Uniti
L’energia è la linfa dell’economia. Senza energia abbondante, sicura e a basso costo è impossibile garantire i benefici della vita moderna, come sottolineato dall’SDG 7 che richiede di “assicurare energia accessibile, affidabile, sostenibile e moderna per tutti”. Per due secoli, i carburanti fossili – carbone, petrolio e gas naturale – sono stati la soluzione alle crescenti esigenze energetiche dell’America e del mondo. Adesso, a causa del riscaldamento globale, dobbiamo cambiare, e rapidamente, adottando un nuovo sistema energetico a basso contenuto di carbonio.
Nonostante il grande clamore, non c’è niente di misterioso nella sfida energetica mondiale. La Terra e la Luna si trovano alla stessa distanza dal Sole, ma la Terra è circa 30 gradi Fahrenheit più calda della Luna a causa dell’atmosfera, che intrappola l’energia dal Sole e quindi scalda la Terra. L’effetto della capacità di trattenere calore da parte dell’atmosfera si chiama effetto serra.
È noto da circa 150 anni che l’anidride carbonica (CO2) sia uno dei “gas a effetto serra” che contribuiscono al fenomeno. È noto da 120 anni che bruciare combustibili fossili aggiunge CO2 nell’atmosfera e di conseguenza riscalda il pianeta. Ed è altrettanto noto con notevole precisione da almeno trent’anni che il CO2 nell’atmosfera sta rapidamente aumentando e quindi pro- vocando il riscaldamento globale. L’anno 2015 è stato il più caldo registra- to dall’inizio delle misurazioni (che risalgono al 1880), e il 2016 è stato più caldo ancora.
Per questa ragione tutte le nazioni del mondo, compresi gli Stati Uniti, hanno concordato nel dicembre del 2015 a Parigi di passare da un sistema energetico a elevato tenore di carbonio che utilizza carbone, petrolio e gas, a un sistema a basso tenore di carbonio che si affidi principalmente a energia eolica, solare, idroelettrica, nucleare e geotermica. L’accordo di Parigi sul clima, entrato in vigore nel novembre del 2016, costituisce parte dell’ordine del giorno dello sviluppo sostenibile come SDG 13. L’accordo di Parigi punta a mantenere il riscaldamento globale provocato dall’uomo “ben al di sotto dei 2 gradi centigradi” con l’obiettivo di non superare 1,5 gradi centigradi, il tutto misurato in relazione alla temperatura della Terra all’inizio dell’era dei combustibili fossili (intorno al 1800). Il riscaldamento della Terra fino al 2016 è già intorno all’1,1 gradi centigradi, più della metà del limite massimo concordato a livello globale.
Il presidente Trump ha contestato la validità della scienza sul clima nel corso della sua campagna elettorale ed è circondato da interessi legati a petrolio e gas. Sembra intenzionato, all’inizio della sua amministrazione, a portare indietro l’orologio in merito alle politiche sul clima e a ritirare gli Stati Uniti dall’accordo di Parigi sul clima. Questa è senza dubbio una questione sulla quale gli americani dovranno prendere posizione, per mettere il bene comune davanti agli stretti interessi della lobby del petrolio e del gas. I rischi climatici sono così spaventosi, le opportunità tecnologiche di trasformazione energetica così concrete, e l’urgenza globale e il consenso così chiaro, che qualsiasi inversione delle politiche statunitensi avrebbe necessariamente vita breve, seppure con grandi frustrazioni e costi.
Per di più, la politica sul clima e quella sulle infrastrutture sono profondamente intrecciate tra loro. Nel ricostruire le infrastrutture del sistema dei trasporti, dell’energia, delle comunicazioni, delle acque e altro, la chiave sarà quella di costruirle in modo sostenibile, in modo da proteggere gli americani e proiettare l’economia statunitense nella competizione globale per fonti energetiche e tecnologie di trasporto a zero emissioni di carbonio. Altrimenti finiremo con infrastrutture estremamente costose ma inutili, e saranno altri paesi a fare conquiste nell’efficienza energetica e a rimpiazzare la leadership economica statunitense con tecnologie a zero emissioni di carbonio.
Il percorso necessario per procedere è adesso relativamente chiaro. I climatologi hanno individuato uno strumento utile chiamato il “bilancio del carbonio” per guidarci verso la sicurezza climatica. A grandi linee, il riscaldamento della Terra è proporzionale alla cifra cumulata di anidride carbonica che bruciamo e rilasciamo nell’atmosfera in altri modi, ad esempio tramite il disboscamento. Per avere una probabilità “verosimile” (vale a dire, 67 per cento) di stare sotto 2 gradi centigradi di riscaldamento, l’umanità ha un bi- lancio di carbonio rimanente di circa 900 miliardi di tonnellate di CO2.
Jeffrey Sachs è tra i più noti economisti al mondo, tra i principali esperti mondiali di sviluppo sostenibile. Autore di bestseller come Il prezzo della civiltà e L’era dello sviluppo sostenibile, è senior advisor delle Nazioni Unite e professore alla Columbia University, New York. I suoi editoriali appaiono regolarmente sul New York Times e sono tradotti e letti in oltre 80 paesi.