Boris Leonidovič Pasternak (1890-1960) poeta e scrittore russo, ha vinto il premio Nobel per il romanzo Il dottor Živago.
Così si comincia
Così si comincia. Verso i due anni
ci si strappa alla balia per le tenebre delle melodie,
si cinguetta, si fischia, le parole
compaiono verso il terzo anno.
Così si comincia a capire.
E nel fragore di una turbìna in moto
ti sembra che tua madre non sia tua madre,
che tu non sia tu, la casa un paese straniero.
Che può fare la terribile bellezza,
seduta su una panca di serenella,
se non realmente rubare bambini?
Così hanno origine i sospetti.
Così maturano le paure. Come potrà consentire
a una stella di superare il suo limite
lui che è un Faust, lui che è fantasioso?
Così cominciano gli zingari.
Così si schiudono librandosi in aria
sopra le siepi, dove dovrebbero stare le case,
mari improvvisi come un sospiro.
Così cominceranno i giambi.
Così le notti estive, cadute bocconi
fra le avene supplicando: avvèrati,
minacciano l’aurora con la tua pupilla.
Così si attacca lite con il sole.
Così si comincia a vivere di versi.
Non agitarti, non piangere, non affaticare
Non agitarti, non piangere, non affaticare
le forze esauste e non affliggere il tuo cuore.
Sei viva, sei in me, nel mio petto,
come sostegno, come amica e come caso.
Fidando nell’avvenire, non temo
di apparire ai tuoi occhi un ciarlone.
Non siamo vita, non unione d’anime, –
il reciproco inganno tronchiamo.
Dalla tifica angoscia dei materassi
fuori all’aria esemplare delle ampiezze!
Essa è per me una sorella e una mano.
Come una lettera ti è indirizzata.
Lacera la sua ampiezza come una lettera,
inizia con l’orizzonte un carteggio,
vinci l’esaurimento che ti logora,
intavola discorsi in lingua alpina.
E sul piano dei laghi bavaresi
col midollo delle montagne ossute
ti convincerai che non sono un parolaio
con dolci frasi ammannite per l’occasione.
Buon viaggio. Buon viaggio. Il nostro legame,
il nostro onore non è sotto il tetto di casa.
Come un germoglio raddrizzandosi alla luce,
tu guarderai ogni cosa in altro modo.
Qui è passata la misteriosa unghia dell’enigma
Qui è passata la misteriosa unghia dell’enigma.
– È tardi, dormirò, sul far dell’alba rileggerò per capire.
Ma finché non mi avranno svegliato, a nessuno è concesso
come a me di commuovere l’amata.
Come ti commovevo! Anche col rame delle mie labbra
ti commovevo come si commuove con una tragedia la platea.
Il bacio era come l’estate. Indugiava e indugiava,
solo più tardi si scatenava la tempesta.
Beveva come gli uccelli. Sorbiva sino a perdere i sensi.
Le stelle scorrono a lungo per la gola dell’esofago,
e gli usignuoli stravolgono gli occhi con un brivido,
vuotando a goccia a goccia il firmamento notturno.
POESIE (Einaudi, 1992). Introduzione e versione di Angelo Maria Ripellino. Prefazione di Cesare G. De Michelis.