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Rubrica:

Orientamento al mercato e modelli di marketing, implicazioni etiche e umanistiche

Rubrica a cura del Prof. Giorgio Gandellini (Founder, CEO & MD, Nestplan International Llc  LinkedIn https://www.linkedin.com/in/giorgiogandellini/), dedicata all’esplorazione dei modelli di marketing con uno sguardo attento alle loro implicazioni etiche e umanistiche.


#3: Che cos’è davvero il valore per il cliente (e per la società)?

Nella maggior parte dei modelli di marketing, la parola “valore” compare più volte di quanto si dica buongiorno in una call Zoom.

Valore per il cliente, valore per l’impresa, proposta di valore, creazione di valore, value-based pricing… Sembra la parola magica che giustifica tutto. Ma – domanda scomoda – sappiamo davvero cosa intendiamo per “valore”?

Valore = utilità? O qualcosa di più?

Tradizionalmente, il valore è stato associato a ciò che il cliente è disposto a dare in cambio di un bene o servizio: tempo, attenzione, denaro.
In questa logica, il prezzo è il riflesso monetario del valore percepito.

Ma questa visione è riduttiva. Perché il valore non è solo un fatto individuale o funzionale.
È anche relazionale, simbolico, culturale, e in molti casi etico.

Perché si sceglie un prodotto eco-sostenibile anche se costa di più?
Perché certi brand ci ispirano fiducia… e altri ci fanno storcere il naso, a parità di prestazioni?
Perché siamo disposti a pagare per servizi che ci fanno sentire visti, capiti, rispettati?

La promessa di valore: un patto, non una trappola. Ogni organizzazione, esplicitamente o implicitamente, formula una promessa di valore:
“Se scegli noi, otterrai qualcosa che per te conta.”

Ma questa promessa, per essere autentica e sostenibile, deve andare oltre la convenienza di breve periodo. Deve rispondere a una domanda: che tipo di relazione vogliamo instaurare con il nostro mercato?

In questa ottica, la Prassi di Riferimento sull’Orientamento al Mercato delle Organizzazioni, sviluppata per UNI e AISM, definisce il concetto di valore come co-creazione tra organizzazione e stakeholder, in una prospettiva di equilibrio tra risultati economici, impatto sociale e rispetto delle aspettative implicite ed esplicite.

Valore per chi? La domanda dimenticata

Spesso si parla di “creare valore” come se fosse un atto neutrale. Ma… valore per chi?

Per il cliente? Per l’azionista? Per il collaboratore? Per la comunità locale? Per l’ambiente?

Un’organizzazione orientata al mercato dovrebbe chiederselo prima di decidere cosa offrire, a chi, e con quali modalità.

Misurare il valore

Un altro problema: come si misura il valore?
Chi lavora nel marketing è abituato a KPI, ROI, NPS, CAC, LTV… e va benissimo. Ma attenzione: non tutto ciò che conta si può misurare con facilità, e viceversa.

Esempio: una PMI che migliora radicalmente il clima interno, crea nuove relazioni di fiducia con i clienti, e ottiene una reputazione positiva nel territorio… ma non vede (subito) aumenti di fatturato. Sta creando valore? Sì, eccome. Ma ci vuole un altro metro per riconoscerlo.

A parte alcune opinioni apparentemente autorevoli ma aberranti (come quella di misurare il valore in termini monetari per rapportarlo al prezzo … ma ne parleremo un’altra volta), nella letteratura di marketing è abbastanza diffusa l’opinione che per misurare il valore sia innanzitutto necessario scomporlo nelle sue principali componenti, valutare l’importanza relativa di tali componenti per i principali target di mercato e “votare” la performance aziendale ponderata su tali componenti in rapporto alla concorrenza.

Di fatto, le componenti del valore percepito non sono altro che i criteri di scelta dei fornitori adottati dal mercato.

In un interessante articolo della Harvard Business Review del 2018, la società Bain proponeva una categorizzazione delle componenti del valore (in particolare, i potential benefits for B2B clients), raggruppando 40 componenti elementari in una decina di categorie.

Personalmente preferisco limitarmi alle seguenti macro-categorie, che credo sufficientemente esaustive per poter comprendere tutte le numerose e variegate componenti del valore che mi è capitato di identificare nei più disparati contesti di business nel corso di decenni.

Il pentagono delle componenti del valore

 

Un esempio concreto di componenti del valore per clienti B2B è il seguente.

Componenti del valore nel settore della normazione

Inutile dire che la loro importanza relativa può sensibilmente variare ed essere percepita in modo diverso a seconda delle caratteristiche del target e del tipo e destinazione delle norme.

Ciò conferma una volta di più l’importanza di ragionare in termini di incroci prodotto-servizio/mercato, non limitandosi alla sola identificazione dei segmenti … ma anche di questo parleremo un’altra volta, magari con un altro esempio concreto della numerosità elevata di importanti componenti del valore in un altro settore di servizi.

Strategie di valore: competere o condividere?

Infine: il valore come leva competitiva può essere anche una leva cooperativa.

Non sempre vincere significa “togliere qualcosa agli altri”. Spesso, il valore si crea attraverso reti, alleanze, trasparenza, modelli di business inclusivi.
Un’impresa orientata al mercato non si chiede solo “come superare la concorrenza”, ma anche “come contribuire a un ecosistema sano”.

Conclusione: il valore è una scelta culturale

Il valore non esiste in sé: è una costruzione sociale, una narrazione condivisa, un equilibrio fra ciò che si offre, ciò che si riceve e ciò che si lascia.

In un mondo affollato di offerte e algoritmi, dare un senso autentico al valore può essere la vera leva distintiva.

Disclaimer: Immagini di proprietà dell’autore


Altri della serie:

Il marketing ha un’anima? Perché parlare di etica e umanesimo oggi di G. Gandellini

Dalla razionalità alla responsabilità: riconsiderare modelli e decisioni di marketing di G. Gandellini


Profilo dell’autore: https://www.linkedin.com/in/giorgiogandellini/

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Che cos’è davvero il valore per il cliente (e per la società)? di G. Gandellini

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