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Quali riflessioni e approcci integrano modelli ispirati alla cultura umanistica nella formazione di manager e professionisti? In un contesto orientato alla tecnologia digitale, gradualmente integrative quando non sostitutive di funzioni e abilità umane, vogliamo evidenziare come il pensiero critico, la filosofia e le arti possano supportare le competenze manageriali. Ne parliamo con il Professor Pietro Lanzini, dell’Università Ca’ Foscari di Venezia che ringraziamo per questo contributo.

Durante questa intervista, discuteremo di come i principi umanistici possano offrire nuove prospettive per affrontare le sfide del business moderno e promuovere una leadership più consapevole e orientata alla sostenibilità.


Pietro Lanzini è Professore Associato di Consumer Behavior presso il Dipartimento di Management dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, ove lavora anche in qualità di Direttore Esecutivo del CAMI – Center for Automotive & Mobility Innovation. Ha conseguito una laurea quadriennale in Economia Aziendale (2003) ed un Master post lauream cum laude (2006) presso l’Università Bocconi di Milano, e dal 2003 al 2009 ha lavorato come Ricercatore presso il centro IEFE Bocconi – Istituto di Economia e Politica dell’Energia e dell’Ambiente. Durante questo periodo (2006-2007) ha svolto attività di ricerca presso la sede delle Nazioni Unite a New York City (Department of Economic and Social Affairs). Nel 2009 ha intrapreso un programma di dottorato in Management (Full Scholarship) presso la Graduate School of Economics dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, ove ha successivamente conseguito il PhD – Doctor Europaeus. Ha trascorso un anno presso l’Università di Aarhus in Danimarca (2011-2012) dove ha svolto attività didattica e di ricerca. Gli interessi di ricerca di Pietro si focalizzano sul comportamento dei consumatori nel campo della sostenibilità, con particolare attenzione alla mobilità ed al settore food.


intervista a cura di Antonia Santopietro

Qual è stato l’elemento catalizzatore che ha portato la sua attenzione sull’intersezione tra sostenibilità in azienda e cultura umanistica?

Non credo che esista un singolo evento o elemento, capace di fungere da catalizzatore, che mi abbia improvvisamente portato ad analizzare l’intersezione tra sostenibilità aziendale e cultura umanistica. Si tratta piuttosto di un percorso in cui ho gradualmente unito due delle mie grandi passioni che, partendo da prospettive solo apparentemente distinte e scollegate, ho visto sempre più vicine ed integrate.

Da un lato, dai tempi in cui sedevo sui banchi del Liceo Classico Arnaldo di Brescia, il grande interesse per la cultura umanistica e il suo approccio al sapere e all’esperienza umana centrato sui valori dell’individuo e sulla creatività, di cui lo studio dei classici greci e latini rappresenta una colonna portante. Dall’altro, la sensibilità alle tematiche ambientali e sociali integrate nelle discipline economico-manageriali che ha rappresentato il trait d’union delle mie esperienze professionali e di ricerca, prima presso l’Università Bocconi a Milano, poi alla divisione Sustainable Development delle Nazioni Unite a New York e da qualche anno presso l’Università Ca’ Foscari a Venezia.

La crisi climatica e le sfide ambientali della nostra epoca richiedono un nuovo paradigma di sviluppo, che prenda atto dei limiti del modello di business tradizionale fondato esclusivamente sul profitto a breve termine e rivelatosi incapace di affrontare le sfide complesse della sostenibilità. La necessità di un nuovo paradigma economico, che integri la dimensione sociale e ambientale con quella economica, è diventata evidente. E in questo contesto, la cultura umanistica ha assunto un ruolo sempre più importante seppur non sempre evidente: i suoi valori di rispetto per l’uomo e per la natura, l’orientamento al pensiero critico e l’attitudine ad affrontare i problemi in prospettiva olistica offrono alle aziende gli strumenti necessari per affrontare le sfide complesse della sostenibilità in modo efficace e responsabile.

Quali sono alcuni esempi concreti di aziende che hanno adottato approcci basati sulla cultura umanistica per integrare la sostenibilità nelle loro operazioni?

La cultura umanistica e la sostenibilità sono strettamente collegate per diverse ragioni, a partire dalla condivisione di valori quali il rispetto per l’uomo e la natura o la responsabilità verso le generazioni future (con la cultura umanistica che ci incoraggia a considerare le conseguenze delle nostre azioni su queste ultime, principio cardine della sostenibilità). Ma anche dall’importanza che riveste il pensiero critico, con la promozione di una visione olistica delle problematiche connesse alle attività d’impresa, apprezzandone le diverse prospettive come passo propedeutico a una collaborazione sinergica e alla ricerca di soluzioni sostenibili e condivise. Ma la cultura umanistica può sostenere le iniziative imprenditoriali in ottica di sostenibilità anche supportando lo sviluppo di visioni alternative e l’adozione di tecniche comunicative empatiche ed efficaci, capaci di coinvolgere e mobilitare le persone all’interno ed all’esterno dell’azienda. La cultura umanistica fornisce in altre parole gli strumenti intellettuali, etici e creativi per affrontare le sfide complesse della sostenibilità, non tralasciando le lezioni della storia ed una adeguata comprensione del passato come chiave interpretativa del presente: tutto questo in un periodo caratterizzato da importanti diversità culturali la cui conoscenza, unita a una crescente consapevolezza del contesto globale, può diventare formidabile strumento di vantaggio competitivo.

Di esempi concreti se ne potrebbero fare tanti, ma volendone sottolineare uno si può menzionare il caso di Patagonia*, ritenuta da molti azienda esemplare nel panorama della sostenibilità e modello di riferimento per le aziende che vogliono operare in modo sostenibile e responsabile, grazie al suo pluriennale impegno per la qualità, la tracciabilità e la durata dei suoi prodotti, unito all’attivismo e alla sensibilizzazione sui temi ambientali.
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a tal proposito si segnala il libro My people go surfing (NdR)


Spesso si sostiene che le pratiche aziendali orientate alla sostenibilità possano essere in conflitto con gli obiettivi finanziari a breve termine. Come la sua ricerca dimostra o confuta questa affermazione?

Da un lato, è indubitabile che l’adozione di misure sostenibili (dall’implementazione di processi produttivi orientati all’economia circolare all’utilizzo di materiali e fonti energetiche green, passando per le attività di formazione del personale) possano comportare costi iniziali, investimenti maggiori e payback period più lunghi. Parimenti, si potrebbero verificare casi in cui le aziende preferiscano rinunciare a determinate opportunità di profitto a breve termine, qualora implicassero l’utilizzo di materiali inquinanti o lo sfruttamento eccessivo delle risorse naturali.

Ma un orientamento alla sostenibilità non promette solamente risultati competitivi soddisfacenti nel medio-lungo periodo. Bisogna infatti tenere in considerazione che, in un’epoca permeata a tutti i livelli di una consapevolezza reale circa la necessità di orientare lo sviluppo economico verso nuovi paradigmi, normative e leggi a favore della sostenibilità sono in continuo aumento. Le aziende che non si adeguano a questi cambiamenti rischiano di trovarsi svantaggiate sul mercato, oltre a dover affrontare costi elevati per adeguarsi in futuro. Inoltre, nuovi strumenti di finanza green (come ad esempio green bonds o green loans) risultano particolarmente premianti per quelle iniziative imprenditoriali orientate alla sostenibilità. E ancora, in sempre più occasioni un orientamento sostenibile è una conditio sine qua non per competere per le imprese: si pensi ad esempio al tema del green public procurement: i criteri di valutazione degli appalti verdi includono spesso aspetti come l’efficienza energetica, la riduzione delle emissioni, l’utilizzo di materiali riciclati e pratiche di lavoro etiche. Le aziende che dimostrano di avere le migliori performance in queste aree sono più propense a vincere gli appalti pubblici, ottenendo così un vantaggio competitivo significativo.

Quali competenze e conoscenze fondamentali dovrebbero essere integrate nei programmi di formazione aziendale per promuovere una maggiore sensibilità alla sostenibilità ispirata alla cultura umanistica?

Chiaramente, il successo delle iniziative orientate alla sostenibilità dipende in maniera significativa da quanto la rilevanza del tema venga effettivamente interiorizzata a tutti i livelli della struttura organizzativa, da quelli apicali a quelli più prettamente operativi. Per incoraggiare una maggiore consapevolezza all’interno delle aziende, traendo ispirazione dai valori e dagli insegnamenti della cultura umanistica, è fondamentale incorporare nei programmi di formazione aziendale competenze e conoscenze che abbraccino molteplici aspetti, tra i quali mi sento di evidenziarne alcuni che a mio parere rivestono un ruolo particolarmente importante.

Anzitutto, il tema del pensiero critico e dell’analisi sistemica: la capacità di sviluppare un approccio critico all’analisi delle informazioni, provenienti da diverse fonti, valutandone l’affidabilità e l’impatto ambientale e sociale. Promuovere quindi un pensiero sistemico per affrontare le sfide, considerando le interconnessioni tra le varie dimensioni della sostenibilità e le conseguenze a lungo termine delle decisioni aziendali.

In secondo luogo, una adeguata comprensione delle sfide globali (climate change, ripercussioni sociali, etc.) per valutare con cognizione di causa l‘impatto di queste sfide sulle imprese e sulle comunità locali ed incoraggiare nel contempo l’utilizzo di metodi di pensiero creativi per individuare soluzioni innovative e sostenibili alle sfide aziendali.

Collegato a questo, infine, il tema vero e proprio dell’etica e responsabilità sociale d’impresa, riflettendo sulle responsabilità sociali delle imprese ed analizzando i dilemmi etici che le aziende possono affrontare nel perseguire la sostenibilità, puntando sullo sviluppo di competenze per prendere decisioni eticamente informate.

Qual è il ruolo dei leader aziendali nel promuovere una cultura organizzativa che valorizzi sia la sostenibilità che la dimensione umanistica?

I leader aziendali hanno un ruolo fondamentale nel promuovere una cultura organizzativa che valorizzi sia la sostenibilità che la dimensione umanistica, a partire dal cosiddetto leading by example: i leader devono essere i primi a dimostrare un impegno per la sostenibilità (etica, ambientale e sociale) nei loro comportamenti quotidiani, sfruttando quella efficacia comunicativa, quella empatia e quei cosiddetti soft-skills che una cultura umanistica è spesso in grado di valorizzare al meglio. Questo al fine di trasmettere meglio di qualsivoglia documento strutturato la percezione di quale sia la rilevanza del tema, coinvolgendo il personale a tutti i livelli e creando un ambiente di lavoro in cui i dipendenti si sentono valorizzati, ascoltati e coinvolti nelle decisioni aziendali.

Al fianco di questo, definire una vision chiara e coerente che integri obiettivi di sostenibilità e responsabilità sociale con il successo aziendale, fornendo ai dipendenti la formazione e le risorse necessarie per comprendere e attuare le pratiche di sostenibilità e di responsabilità sociale e creando canali di comunicazione aperti e trasparenti per favorire il dialogo e lo scambio di idee tra i dipendenti e la leadership aziendale.

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Cultura umanistica e management: ne parliamo con il Prof. Pietro Lanzini

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