Alessandra Minervini è nata a Bari dove ora vive. Ma fino a poco tempo fa ha vissuto a Torino. Lavora in editoria da oltre dieci anni come consulente ed editor. Dopo aver frequentato la Scuola Holden di Alessandro Baricco ha proseguito a collaborare con loro in qualità di ideatrice di contenuti culturali e come docente di scrittura. I suoi racconti sono pubblicati in riviste e antologie tra cui “Colla”, “EFFE”, “Cadillac”. Il suo sito è www.alessandraminervini.info. Overlove, il suo primo romanzo (recensito da ZEST qui) è uscito a Novembre scorso per Liberaria.
Per scrivere un buon romanzo quali sono i segreti fondamentali della scrittura?
Avere qualcosa da dire. Qualsiasi cosa, non importa che tipo di storia o di trama. Ciò che rende un romanzo buono è la necessità, spesso ma non per forza l’urgenza, di dire qualcosa. L’unico segreto per scrivere è avere la consapevolezza di quello che si sta per mettere al mondo. Se si ha consapevolezza della propria voce il romanzo sarà buono, perché sarà sincero.
Scrivere aiutandosi con uno schema o in modo libero?
Non credo negli schemi se non per romperli. Per scrivere è necessario avere pazienza e seguire una disciplina, darsi un ordine mentale e anche emotivo. Se qualcosa si blocca nella scrittura o nell’elaborazione della stessa il mio consiglio è lasciar perdere. Far riposare un po’ e vedere se dopo un certo tempo e una netta distanza la storia gira ancora. Se non gira, lasciate perdere e passate a un’altra storia.
Quante ore al giorno è bene scrivere?
Non saprei. Ognuno ha una dimensione personale del tempo e dello spazio mentale e fisico. Io scrivo solo quando ho qualcosa da dire, quando ho elaborato un pensiero, dando forma letteraria alle parole che si accavallano nella mia testa. Scrivo tutto il giorno o dieci minuti al giorno ma scrivo esattamente quello che desidero. Scrivere non deve mai smettere di essere un desiderio. Del resto, è una forma d’amore. Viene da quel sentimento lì.
Si corregge durante o solo alla fine?
Il mio consiglio è di non essere troppo severi con se stessi. Scrivete finché sentite la necessità. Per correggere ci sarà sempre tempo. Anche se io, in effetti, questo consiglio non lo seguo mai. Sono molto precisa e quindi anche molto insicura. Finché non trovo la parola, l’immagine, il gesto che esattamente voglio riprodurre sulla carta cancello e cancello e cancello. Cancellare è purificante. Non capisco come si possa essere troppo attaccati alle proprie parole. Io se non cancello almeno un terzo di quello che scrivo, non mi sento coerente con me stessa e con la storia.
Volendo definire un metodo efficace quale ti sentiresti di proporre?
Il miglior modo per scrivere è non scrivere. Provate a non scrivere, per un bel po’ di tempo. Se sentirete che vi manca un arto o una parte della vostra vita allora avete colto il metodo giusto che è saper attendere.
Come si interagisce e quando con un editor?
Come editor preferisco sempre intervenire quando la storia non è ancora completa, quando esiste una bozza ma manca ancora qualcosa. Allora il mio intervento è più efficace, è come se rendessi giustizia a una ingiustizia ovvero la grande, e comprensibile, difficoltà che ha uno scrittore o una scrittrice di fronte al proprio testo. Quello di vederlo dall’esterno. Consiglio quindi di rivolgersi presto, appena finita la stesura, a qualcuno che possa leggerlo e ri-leggerlo. Non sopporto molto chi invece si arrocca nella prima bozza, preservandola da qualsiasi tipo di intervento o lettura esterna. Fa un torto al libro.
Quali consigli daresti a chi desidera esordire?
Tecnicamente consiglio di scrivere racconti e mandarli in giro. In questo momento storico ci sono molte riviste letterarie che, per fortuna, fanno quel lavoro di scouting e selezione di voci di qualità che non appartiene più a (quasi) nessuna casa editrice. Penso a EFFE, CARIE, CADILLAC, ZEST stesso, e molte altre, più piccole, che si possono trovare in rete. Emotivamente consiglio di saper attendere, essere umili e non dimenticare l’educazione.