TIPS DI SCRITTURA – RUBRICA dedicata ai consigli e riflessioni degli scrittori a proposito di scrittura, romanzo, esordire
Dario Pontuale (Roma, 1978) scrittore, saggista e studioso di letteratura otto-novecentesca, è autore dei romanzi La biblioteca delle idee morte, L’irreversibilità dell’uovo sodo, Nessuno ha mai visto decadere l’atomo d’idrogeno. Nel 2015 per Nutrimenti ha scritto la biografia critica Il baule di Conrad (Le malle de Conrad – Editions Zeraq, 2016). Ha curato edizioni di Flaubert, Maupassant, Zola, Musil, Stevenson, Conrad, London, Svevo, Salgari, Puškin, Tolstoj, Čechov. Sito Web: www.stradariopontuale.com/
Per scrivere un buon romanzo quali sono i segreti fondamentali della scrittura?
Non credo esistano “segreti” nella scrittura, semmai è più giusto parlare di “approcci”, intesi come l’applicazione di metodologie. Se poi al metodo, si aggiunge studio e un pizzico di talento, si è certamente su un’ottima strada. Un metodo che, comunque, reputo indispensabile è sapere esattamente cosa si intende comunicare, il messaggio da trasmettere insomma. Va stabilito prima, con ferma lucidità, perché se l’autore per primo è incerto o vago sul contenuto da riversare nelle sue pagine, l’intera struttura perde pericolosamente di sostanza, lasciando il lettore spiazzato. Non si deve mai abbandonare il lettore lungo un sentiero che ha un inizio, ma poi si perde nella boscaglia. Il lettore va salvaguardato, difeso, rispettato prima di ogni altra cosa. Una scrittura senza finalità non è altro che una bottiglia vuota.
Scrivere aiutandosi con uno schema o in modo libero?
Ogni soluzione ha i suoi pro e i suoi contro, io confido ciecamente in uno schema anche piuttosto rigido, una scaletta sempre più dettagliata che ri-costruisco anche nove o dieci volte prima di principiare la scrittura. Finché la scaletta non è “rafferma” non scrivo una riga. Uno schema, dal mio punto di vista, aiuta a non lasciare nulla di irrealizzato, ad allacciare meglio i fili della trama, le essenze dei personaggi, le azioni principali e secondarie. L’intuizione durante la stesura è sempre ben accetta, anzi auspicabile e va assecondata e inserita, ma “navigare a vista”, almeno per me, è deleterio, rischia di generare confusione. La scrittura non è improvvisazione, a volte può essere intuizione che è tutt’altra cosa, ma di certo non improvvisazione, soprattutto stilistica.
Quante ore al giorno è bene scrivere?
La continuità di scrittura aiuta la penna, questo è fuori di dubbio. La quotidianità favorisce la forma, il ritmo dei pensieri e delle parole, contribuisce a non perdere il filo e a restare allenato. Per chi vive la scrittura come lavoro, ha questa fortuna (o condanna), restare “allenati” è più facile, per gli altri serve necessariamente programmare il tempo. Non so quale sia la misura esatta, dunque, so però che meno di un’ora al giorno è fatica vana, se si può godere di un’ora soltanto è meglio rileggere, correggere, rivedere. Sessanta minuti sono un’unità temporale troppo breve per riprendere correttamente il ritmo, sarebbe un po’ come andare a correre e fermarsi appena si inizia a sudare. Tempo inefficace, fatica inservibile.
Si corregge durante o solo alla fine?
Si deve correggere sempre: inizio, durante, fine e anche dopo, potendo. Ovvio poi che più lo schema iniziale è ben organizzato e più le modifiche o gli aggiustamenti saranno minori o più semplici. Comunque bisogna di continuo correggere e rivedere, anche perché la difficoltà della scrittura non è quella di scrivere, bene o male è una capacità accessibile a chiunque ormai, bensì correggere, tagliare, pulire, alleggerire. Togliere, non aggiungere. Dire il giusto senza sovrabbondare, lasciare al lettore il compito di “tirare le somme” “acciuffarne il senso”.
Volendo definire un metodo efficace quale ti sentiresti di proporre?
Riassumo quanto detto in precedenza e confidando sull’importanza degli “approcci”, anzi del mio “approccio”: Una robusta scaletta concettuale, tante letture di altri autori poi rileggere, correggere, togliere e non aggiungere, alleggerire. Ascoltare ciò che avete da dire, sentite se entra in sintonia con un percepire più allargato, trovate un modo per dirlo, se l’assonanza resta, avete scoperto la magica armonia. Trovatela senza il consiglio di nessuno, disinteressatevi delle parole degli esperti, degli scrittori di professione, degli addetti ai lavori, dei pachidermi dell’editoria, dei corsi che promettono miniere di segreti a pagamento. Scoprite voi i vostri segreti e teneteveli sotto il cuscino e stringeteli quando viene notte. Scrivete ciò che sentite vivo, se poi non interessa a nessuno, accettatelo perché fa parte del gioco; se qualcuno vi dice che siete bravi, che in voi c’è del talento, credetegli poco e continuate la ricerca, proseguite la scrittura. Se scoprite che scrivere vi aiuta a sopravvivere fatelo, ma senza aver la pretesa di pubblicare per forza, se scoprite che leggere vi ha salvato la vita, rispettate i restanti lettori. Distinguete ciò che è vostro sfogo personale, biografico, sentimentale da ciò che ha un vero valore comune e letterario, capite quando un messaggio risuona solo in voi, da quando può risuonare anche negli altri. La scrittura nasce come istinto individuale, ma deve allargarsi a un respiro collettivo altrimenti ha lo stesso valore della lista della spesa, altrimenti diventa un’esaltazione dell’Io e non serve a nulla. Abbiate il coraggio del senso critico, verso voi stessi soprattutto. Abbiate il coraggio di credere che la lettura ormai è per pochi, che non è una affatto una terra di splendori e gioie come la raccontano, è una landa desolata comandata dal mercato e affollata da banditi che senza pistola, ma con qualche dolce promessa spillano soldi agli “aspiranti scrittori”. Abbiate il coraggio di non autocelebrarvi, ma condiate sempre e comunque che la scrittura è certamente uno dei più antichi antidoti al male di vivere, che aiuta, spesso solleva, a volte salva. Abbiate un’etica vostra e non indotta, abbiate un pensiero vostro e non indotto, abbiate uno stile vostro e non indotto, il resto poi è soltanto volume.
Come si interagisce e quando con un editor?
Dopo la fine del romanzo, quando l’autore crede, e crede soltanto lui, che il testo sia concluso, arriva la figura dell’editor a sparigliare la situazione. Una figura preziosa, per carità, ma che rischia di diventare rapidamente antipatica. In fondo l’editor è un po’ come quegli amici invadenti che fanno irruzione in casa tua, poco dopo che hai finito di pulirla e ordinarla. Entrano e toccano tutto, spostano i mobili, danno consigli, aprono i cassetti. Ti andrebbe di prenderli a pugni, ma superato questo scatto di ira, ci si accorge che sono preziosi proprio perché hanno la capacità di restare un passo indietro e vedere da più lontano il testo, osservarlo con la giusta obiettività e cura. Un testo nel quale siamo ormai troppo invischiati, sentimentalmente e praticamente, per avere una lucida proprietà di giudizio, un’assoluta fermezza valutativa. Gli editor sono importanti, meritano rispetto e la loro figura è necessaria e unica, ma anche loro devono mantenere fede a un patto, ossia devo “consigliare” l’autore assecondando la sua natura, il suo animo letterario e non pilotarlo verso forme di letteratura più commerciali, di moda, di comodo. Tra i due, deve esserci un patto sacro: spostare i mobili si, ma senza rompere niente.
Quali consigli daresti a un esordiente?
Per questa domanda sarebbe perfetto citare quel “maledetto e adorabile vizioso” di Bukowski, autore davanti al quale mi inchino senza aggiungere altro:
E così vorresti fare lo scrittore? Se non ti esplode dentro
a dispetto di tutto,
non farlo
a meno che non ti venga dritto
dal cuore e dalla mente e dalla bocca
e dalle viscere,
non farlo.
se devi startene seduto per ore
a fissare lo schermo del computer
o curvo sulla macchina da scrivere
alla ricerca delle parole,
non farlo.
se lo fai solo per soldi o per fama,
non farlo
se lo fai perchè vuoi
delle donne nel letto,
non farlo.
Se devi startene lì a
scrivere e riscrivere,
non farlo.
se è già una fatica il solo pensiero di farlo,
non farlo.
se stai cercando di scrivere come qualcun altro,
lascia perdere.
se devi aspettare che ti esca come un ruggito,
allora aspetta pazientemente.
se non ti esce mai come un ruggito,
fai qualcos’altro
se prima devi leggerlo a tua moglie
o alla tua ragazza o al tuo ragazzo
o ai tuoi genitori o comunque a qualcuno,
non sei pronto.
non essere come tanti scrittori,
non essere come tutte quelle migliaia di
persone che si definiscono scrittori,
non essere monotono o noioso e
pretenzioso, non farti consumare dall’autocompiacimento
le biblioteche del mondo
hanno sbadigliato
fino ad addormentarsi per tipi come te
non aggiungerti a loro
non farlo
a meno che non ti esca
dall’anima come un razzo,
a meno che lo star fermo
non ti porti alla follia o
al suicidio o all’omicidio,
non farlo
a meno che il sole dentro di te stia
bruciandoti le viscere,
non farlo.
quando sarà veramente il momento,
e se sei predestinato,
si farà da sè e continuerà finchè tu morirai o morirà in te.
non c’è altro modo
e non c’è mai stato.