Mercanti del dubbio.
Come un manipolo di scienziati ha nascosto la verità, dal fumo al riscaldamento globale
Naomi Oreskes, Erik Conway
Edizioni Ambiente 2019
di Paolo Risi
A dieci anni dalla sua uscita negli Stati Uniti Mercanti del dubbio viene pubblicato in Italia da Edizioni Ambiente, un lasso di tempo che non ne ha scalfito il messaggio dirompente, semmai lo ha avvalorato in un quadro politico che ancora sottovaluta l’emergenza climatica e i drammi sociali a essa collegati.
Il 2019 è l’anno di Greta Thunberg e dell’internazionale dei Fridays for Future, ma è anche l’anno in cui il presidente degli Stati Uniti, ignorando molteplici segnali di fragilità ambientale, dichiara che la ricchezza basata sull’energia non va messa a rischio per “sogni e mulini a vento”.
In estrema sintesi Mercanti del dubbio si occupa del rapporto fra comunità scientifica e potere economico, inteso quest’ultimo come bacino di interessi che aggrega network dell’informazione, agenzie produttive e ambiti che operano sul confine fra negazionismo e conservatorismo. Mercanti del dubbio è il racconto di mezzo secolo di storia americana, un affresco che lega passato e presente e che non fatichiamo a sentire anche un po’ nostro, riflesso di una società che per troppi anni ha collocato il profitto, costi quel che costi, in cima alle sue priorità.
Il monumentale lavoro di inchiesta di Oreskes e Conway prende dapprima in considerazione le vicende legate al fumo e alla sua nocività. Gli sforzi della scienza nell’affermare e nel rendere di pubblico dominio i danni causati dal fumo delineano una contrapposizione che, per l’appunto, lega il passato al presente, e che fa risaltare la capacità dei potentati economici di inibire la verità e modellarla in base ai propri interessi. Già dagli anni sessanta le autorità sanitarie statunitensi ed europee avevano prodotto dati incontrovertibili sulla corrispondenza tra fumo e patologie dell’apparato cardiorespiratorio, studi e ricerche che non trovarono impreparate le grandi multinazionali del tabacco, decise a elaborare, fin da subito, la loro visione posticcia della realtà, edificata grazie ai protocolli della persuasione e alle suggestioni fornite dall’industria pubblicitaria. Si raccolsero risorse e uomini utili alla causa, allo scopo di screditare gli studiosi, confondere i consumatori e istillare in loro il germe del dubbio.
A partire dalla storia del fumo negli Stati Uniti, dall’immaginario a cui esso è legato, realizzato attraverso raffinate strategie di marketing, si dipana l’atto di accusa di Mercanti del dubbio, che non fa sconti a nessuno, citando nomi e cognomi, analizzando con puntualità il complesso sistema di connivenze architettato dall’industria del tabacco. Ed è superfluo ricordare come il riconoscimento dell’esattezza degli studi che hanno sancito la pericolosità del fumo non ne abbiano decretato il de profundis commerciale; l’industria, ciclicamente, presenta abilità mimetiche sorprendenti, capaci di reagire in tempo reale, che travisano i dati e corrompono i linguaggi del dibattito scientifico.
Come già accennato l’opera di Oreskes e Conway – da cui nel 2014 è stato tratto un docufilm con il titolo omonimo – scandaglia una mole impressionante di documenti, delinea una vera e propria linea di comando a cui fanno riferimento uomini politici, agenzie informative e istituti creati per sostenere finalità propagandistiche. Nello scorrere del tempo, nella contrapposizione fra comunità scientifica e difensori dello status quo, si ritrovano spesso i medesimi attori, implicati nel tentativo di gettare discredito e complottare affinché il Capitale trovi sempre e comunque la strada del profitto spianata. Dal fumo alle piogge acide, dalla scoperta del buco nell’ozono alla questione attualissima del riscaldamento globale, i due autori individuano un nucleo tematico, una sorta di collante ideologico che unisce istanze e aggregazioni di potere. È il vessillo della libertà a essere sventolato dai difensori del libero mercato, l’esigenza che il progresso tecnologico, le acquisizioni apportate dall’industria non debbano essere intaccate e messe in discussione. Per i mercanti di dubbi c’è sempre un complotto da sventare: dapprima la minaccia comunista, riconosciuta come forma di soppressione dell’imprenditorialità, e a seguire la narrazione che pone l’ambientalismo sullo stesso filo rosso ideologico, fautore di una rivoluzione concettuale e sistemica incentrata sulla consapevolezza ecologica e sui temi del riscaldamento globale.
Nel presente la pietra angolare della governance planetaria rischia di perdere la sua integrità, la sua ragion d’essere, erosa dalla sostanza dei fatti (sperequazioni economiche e sociali, calamità ed emergenze sanitarie) e dal consolidarsi di voci e sensibilità dissonanti. Si tratta di una minaccia reale, che ancora una volta mobilita i sostenitori della deregulation e del neoliberismo. Spiega Naomi Oreskes in un’intervista inserita nell’edizione italiana di Mercanti di dubbi:
[…] Scrivendo il libro, avevamo identificato come problema chiave della politica americana la decostruzione del cambiamento climatico… ebbene, dieci anni dopo stiamo vedendo come questo discorso negazionista abbia costruito basi solide, portando al governo un presidente negazionista, circondato da un entourage che apertamente nega la scienza e sta facendo di tutto per spingere gli Stati Uniti fuori dall’Accordo di Parigi. Per molti anni la leadership del Partito repubblicano e stata scettica sul climate change, ma e solo con Donald Trump che lo scetticismo e il dubbio hanno raggiunto un livello tale da portare una parte della popolazione a credere che tutta la questione climatica sia “una bufala ordita dai cinesi”.
I mercanti di dubbi negano, gettano discreto, alterano documenti ufficiali per perseguire i propri fini. Per decenni hanno amplificato i pareri di una scienza corrotta, fiancheggiatrice del potere economico e politico. Agli scienziati (quelli che sottopongono il loro lavoro ai criteri dell’imparzialità e della peer review) hanno risposto che non c’erano “le prove” che il tabacco fosse dannoso, che il problema delle piogge acide richiedesse soltanto degli aggiustamenti “minori”, che l’idea della distruzione dell’ozono fosse una sorta di “storia horror”, che “la base scientifica del riscaldamento da gas serra fosse costituita da qualche fatto, da molte incertezze e da una notevole ignoranza.” Il loro mantra era (ed è) negare l’evidenza, mantenere la posizione trovando sempre dei nuovi oppositori da dileggiare, sottomettere l’opinione pubblica e creare il consenso grazie alla complicità di editori e giornalisti compiacenti.
Ma nonostante ciò la cortina fumogena tende a diradarsi, svelando i danni all’ambiente, le iniquità sociali, ma anche suggerendoci prospettive di cambiamento, di presa in carico del pianeta. La civiltà industriale, negli ultimi 150 anni, ha giocato con la salute dei cittadini, ha banchettato appropriandosi di risorse ambientali e alterando i fragili equilibri della vita, e ora, suggeriscono Oreskes e Conway, è arrivata l’ora di pagare il conto.
[…] Il grande economista John Maynard Keynes ha riassunto il succo di qualsiasi teoria economica con la frase: “Non esistono pranzi gratis”. E aveva ragione. Abbiamo goduto di una prosperità senza eguali nella storia dell’umanità. Abbiamo banchettato a cuor leggero, ma ora qualcuno ci sta dicendo che il pranzo non era gratis. Non sorprende che molti di noi cerchino di negarlo. Dopo tutto, non sapevamo che si trattava di un banchetto e che alla fine sarebbe arrivato il conto. Ora lo sappiamo. Il conto comprende: piogge acide, buco dell’ozono e i danni prodotti dal Ddt. Questi sono i costi ambientali dello stile di vita dei cittadini benestanti dei paesi sviluppati, dalla Rivoluzione industriale in poi. Ora ci si presenta l’alternativa: pagare il prezzo, cambiare modo di produrre, oppure entrambe le cose. Non c’è dubbio che i mercanti di dubbi abbiano avuto successo. Ci hanno indotto a pensare che avremmo potuto ignorare il cameriere mentre magari tiravamo sul prezzo.