I termini dell’amore
Carta canta edizioni 2016
“Prima viene la gioia. “Seconda la grazia, terza la bellezza, quarto il sorriso, quinta la passione, sesto il ricordo e settima la fine. Ma prima, per prima viene la gioia.”
Entrare spavaldi nel flusso generato da “I termini dell’amore” può richiedere ambizione, sprezzo del pericolo (come si usava riportare nelle onorificenze militari), oppure si può partire da alcuni dati biografici, presi qua e là senza essere troppo sistematici.
Gli autori sono due poeti.
Semplicemente e in modo complesso, perché se l’attitudine è da camminatori delle profondità, l’espressione è aperta, coinvolgente, cerca nuovi mondi e si adopera su quelli esistenti.
Davide Rondoni è scrittore, poeta, saggista ed editorialista, curatore e animatore culturale, scrive per il teatro, ha fondato il Centro di Poesia Contemporanea dell’Università di Bologna.
Federica D’Amato è poetessa, scrittrice, giornalista, curatrice, traduttrice e come dice in un’intervista “una lettrice attenta, una giovane ragazzina che insolente tenta la critica letteraria, sconfina nella filosofia ripiombando innamorata nella poesia.”
Fra Davide Rondoni e Federica D’Amato si instaura un dialogo sull’amore, non sempre tranquillizzante, scegliendo delle parole che ne contraddistinguono il percorso frastagliato: la gioia, la grazia, la bellezza, il sorriso, la passione, il ricordo, la fine.
Davide e Federica, dandosi appuntamenti in bar, negli intervalli fra viaggi, su panchine di città, vanno a zonzo tra definizioni e impossibilità di coglierne una plausibile, perché tutto si srotola immancabilmente da singoli istanti, relazioni, perché “il sentimento è la prima cera che tu hai, su cui il mondo si imprime”.
Il dialogo si allarga, tracima e aggancia il senso dell’arte, dell’applicazione del talento, Davide ricorda a Federica il pregio del lavoro creativo, su committenza, riferendosi al suo percorso di scrittore ma anche al sublime impiego di Michelangelo “a contratto”, e poi a ruota libera ulteriori scorci, il grande moralismo manzoniano, il pensiero rivolto al poeta Mario Luzi, intenso, “Se sei al mondo per dire una cosa, la fedeltà a quella cosa lì è la cosa più importante. L’arte fondamentalmente è un’obbedienza, non un’espressione”…
Momento di guerra, definisce Davide la paura e le sue grandi manovre, la desertificazione del presente, morbo iniettato nel sistema editoriale in mancanza di antidoti credibili: la motivazione, l’urgenza, il senso del pericolo, e intanto il contagio trova come sbocco naturale la scuola, terreno perfetto e umidificato, parcellizzato, solerte ad ammorbidire, a incanalare… “Se tu a un ragazzo parli di letteratura senza rischiare l’anima, perché dovrebbe farti domande?” Sorprendente cogliere la visione d’insieme dell’opera a partire da sette parole attraverso cui cercare di “capire perché è l’amore a essere l’unica cosa più (in)giusta di questa nostra misteriosa esistenza”.
Sorprendente la struttura d’insieme, ma anche la semplice rivelazione custodita in due righe, la citazione curiosa, il dialogo intrigante che sprigiona in chi legge immagini e cose sepolte.
Ma in fondo perché stupirsi: “I termini dell’amore” è in tutto poesia e desiderio di testimoniarne l’incidenza nella realtà.
Davide Rondoni e Federica D’Amato seriamente giocano, complici e un po’ avversari (come da copione) sul palcoscenico attraente del sapere, dell’esperienza e delle relazioni.
Paolo Risi