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Ecologia, Economia e Società. Dizionario per la sostenibilità, un volume curato da Massimo Scalia e Aurelio Angelini, che esplora in modo chiaro e approfondito il lessico della sostenibilità: dalla “A” di Agenda 2030 alla “V” di vegetarismo, passando per concetti fondamentali come l’antropocentrismo, i cambiamenti climatici, l’economia circolare, la green economy, il paesaggio, l’antispecismo e la teoria del caos.

Perché un Dizionario: 

Il volume nasce in risposta alla crescente consapevolezza globale dell’urgenza di soluzioni trasformative per affrontare la crisi ambientale, le sue gravi ricadute geopolitiche, economiche e sociali, e i continui tentativi di distorsione e manipolazione dei concetti di sostenibilità. In questo contesto, il libro si propone come uno strumento indispensabile per orientarsi, comprendere e comunicare con rigore e consapevolezza.

Non si tratta solo di un Dizionario.

È un prontuario agile ma esaustivo che, attraverso un approccio interdisciplinare, sostiene la transizione ecologica non solo sul piano tecnico-scientifico, ma anche culturale ed educativo. L’opera si oppone attivamente alle narrazioni funzionali al greenwashing e agli interessi dei grandi gruppi industriali legati ai combustibili fossili, promuovendo invece una cultura capace di guidare verso una società più giusta, responsabile e in equilibrio con il Pianeta.

I curatori

Aurelio Angelini è professore ordinario di Sociologia dell’Ambiente e del Territorio presso l’Università di Palermo. Presidente del Comitato Nazionale per l’Educazione alla Sostenibilità Agenda 2030 per l’UNESCO, ha dedicato la sua carriera alla promozione della cultura ecologica e alla difesa dell’ambiente, contribuendo alla creazione di parchi e riserve naturali in Sicilia e partecipando attivamente a movimenti pacifisti e ambientalisti .

Massimo Scalia (1942–2023) è stato un fisico matematico, docente all’Università “La Sapienza” di Roma, e una figura di spicco dell’ambientalismo italiano. Fondatore di Legambiente e dei Verdi, ha guidato le prime commissioni parlamentari di inchiesta sulle ecomafie e ha promosso leggi fondamentali su fonti rinnovabili, risparmio energetico e il bando dell’amianto. La sua scomparsa nel dicembre 2023 ha rappresentato una grande perdita per il movimento ambientalista .

Pubblicato nella collana Effetto Farfalla – “libri che possono migliorare il mondo” – il dizionario è pensato come un piccolo ma potente motore di cambiamento: perché anche una variazione minuscola nel nostro modo di pensare può generare grandi trasformazioni.

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Per concessione di casa editrice e autori, proponiamo la lettura di un estratto:

Antropocene
di Mariaclaudia Cusumano

Teoria scientifica elaborata nel 2000 dallo scienziato Premio Nobel per la chimica Paul Crutzen per definire l’era geologica attuale “Antropocene”. A partire dalla Rivoluzione industriale le attività antropiche hanno avuto un impatto rilevante sull’ecosistema terrestre, modificando profondamente i cicli naturali, la biodiversità della Terra e causando il Cambiamento climatico. La definizione “Antropocene” sottolinea e mette in evidenza come l’industrializzazione, l’urbanizzazione, l’energia prodotta da fonti fossili e l’uso intensivo delle risorse naturali, abbiano forzato l’equilibrio del sistema terrestre, influenzando il clima, riducendo la biodiversità e compromettendo ecosistemi.

La definizione Antropocene attribuisce una responsabilità umana diretta per aver impresso una magnitudo estranea ai tempi geologici del sistema Terra rispetto alle ere geologiche precedenti fino all’era industriale (l’età della Terra è stimata in 4,4-4,6 miliardi di anni.).

La crisi prodotta dalla grande accelerazione è iniziata con la Rivoluzione industriale (ultimi decenni del 18° e la prima metà del 19° secolo), a causa di una quantità di gas serra immessa in atmosfera che ha superato i livelli dell’intero Quaternario. Questo cambiamento nelle emissioni di Co2 segna un cambio di passo talmente importante, tanto da superare l’Olocene, ultima epoca del periodo Quaternario iniziata circa 11.700 anni fa. Il cambiamento, infatti, è stato estremamente più rapido dei cambiamenti più bruschi avvenuti negli ultimi 740 mila anni. I livelli di anidride carbonica e metano sono i più alti mai registrati negli ultimi 15 milioni di anni. L’aumento di temperatura sta rendendo il Pianeta nel suo complesso più umido e nuvoloso, l’umidità aggiunta partecipa al riscaldamento globale.

La definizione di Crutzen dell’attuale era geologica, è stata oggetto di confronto e scontro tra scienziati, geologi, sociologi e filosofi. Le dispute teoriche hanno messo in luce alcuni aspetti come per la datazione di inizio, secondo alcuni, non con la Rivoluzione Industriale ma con i bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki del 6 e 9 agosto del 1945. Inoltre, un diverso approccio viene proposto sulle responsabilità per la grande accelerazione tra i paesi e le regioni del mondo, indicando come principali responsabili del global warming e i cambiamenti ambientali, i paesi occidentali con il più antico e consistente sviluppo industriale. In altre parole, alcuni scienziati rifiutano l’idea di attribuire in modo generico la responsabilità del Cambiamento climatico all’Antropos, in sé, ma ritengono piuttosto che vada attribuito a categorie specifiche.

Jason W. Moore, ad esempio, suggerisce l’idea di Capitalocene, individuando come responsabile dei cambiamenti climatici e ambientali il sistema economico capitalista; il Plantationocene indica come centrale il ruolo delle piantagioni coloniali e all’agricoltura industrializzata nell’alterazione degli ecosistemi e delle relazioni umane e non umane. Donna Haraway (2016) e Anna Tsing hanno sottolineato ed enfatizzato il legame tra sfruttamento del lavoro umano e non umano, i modelli coloniali e la trasformazione ambientale; il Chthulucene, introdotto da Donna Haraway (2016) propone una rilettura del mondo come un luogo interconnesso, in cui gli esseri umani devono convivere in maniera più responsabile ed altre definizioni che sono tuttora dibattute.

Bibliografia
Bonneuil, C. Fressoz, J.-B., Fernbach, D. (2017). The Shock of the Anthropocene: The Earth, History and Us. London: Verso Books.
Crutzen, P. and Stoermer, E. F. (2000). The Anthropocene: The Human Epoch. IGBP Newsletter, 41:17–18.
Haraway, D. J. (2016). Staying with the trouble: Making kin in the Chthulhucene. Durham: Duke University Press.
Moore, J. W. (2017). The Capitalocene, Part I: On the nature and origins of our ecological crisis. The Journal of Peasant Studies, 44(3), 594–630. Wallenhorst, N. and Wulf C. eds. (2022).
Handbook of the Anthropocene: Humans between Heritage and Future. Berlin: Springer.


Bioregionalismo
di Aurelio Angelini 

Il termine bioregione viene dalla parola greca bios (vita) e da quella latina regere (reggere o governare), si tratta di un territorio geografico omogeneo in cui prevalgono le regole della natura e non quelle stabilite dagli uomini e dalle leggi.

Il bioregionalismo è un concetto ecologico, geografico, sociale ed economico che propone l’idea di delimitare un territorio in base a criteri ecologici, e non attraverso confini politici o amministrativi.

Le bioregioni sono aree definite in base alle caratteristiche ecologiche: bacini idrografici, clima, suolo, flora e fauna; i cui confini sono le delimitazioni naturali: catene montuose, fiumi, deserti o mari.

L’idea alla base di una bioregione è che ogni area è considerata come un’entità socioeconomica-ecologica autosufficiente, in cui le persone condividono una visione olistica del territorio, e gli ecosistemi, le risorse e le attività sono intrecciate e interdipendenti.

L’ambiente naturale (acqua, aria, suolo, biodiversità) e le attività umane (agricoltura, urbanizzazione, industria) sono interdipendenti. Ogni cambiamento in una parte del sistema territoriale influisce sugli altri elementi. La salute dell’ecosistema è direttamente legata alla qualità della vita umana, poiché le risorse naturali come acqua, cibo e aria pulita provengono dall’ambiente.

Le comunità umane che vivono in una bioregione tendono a sviluppare culture, pratiche agricole e stili di vita, in relazione alle risorse di cui dispongono approntando una gestione sostenibile delle risorse naturali, dei beni comuni e la conservazione della biodiversità, al fine di garantire la capacità degli ecosistemi di rigenerarsi e sostenere la vita nel lungo periodo.

Le bioregioni sono definite in relazione all’autosufficienza o alla sua potenzialità dal punto di vista ecologico. Ciò significa che le risorse necessarie per il sostentamento delle comunità locali (acqua, cibo, energia) sono presenti o prodotte localmente, riducendo al minimo la dipendenza da risorse esterne. Inoltre, le bioregioni sono improntate all’ecoefficienza delle risorse (fare di più con meno) a migliorare la capacità di adattamento dei sistemi territoriali, garantendo che possano rispondere efficacemente alle sfide future, come il cambiamento climatico. Il bioregionalismo incoraggia l’adozione di pratiche che permettano di mantenere un equilibrio tra l’uso delle risorse e la loro

rigenerazione, preservando la biodiversità e la stabilità degli ecosistemi.

Questa teoria si basa su una visione ecocentrica, che mette al centro non solo le esigenze umane, ma anche il benessere dell’intero ecosistema. L’obiettivo è creare un equilibrio tra il benessere umano e la salute degli ecosistemi locali, riducendo al minimo l’impatto ambientale e promuovendo una vita più sostenibile e resiliente.

La bioregione si basa su una forma di autogoverno locale, dove le decisioni sulle risorse naturali e l’uso del suolo sono prese a livello della comunità locale, piuttosto che da autorità centrali lontane che possono svolgere solo un ruolo di coordinamento.

Il bioregionalismo è la possibilità di rinnovare la nostra cittadinanza sulla Terra attraverso uno stile di vita che tenga conto della necessità e del diritto per tutti, esseri umani e non-umani, di vivere una vita dignitosa e significativa.

L’idea bioregionale è il modo di reimpostare il nostro ruolo sulla Terra in termini di equilibrio ecologico, reciprocità e uguaglianza, nei confronti del Tutto. Aiuta a definire le priorità per la conservazione della biodiversità e la gestione degli ecosistemi. Favorisce una pianificazione territoriale e una gestione delle risorse più attenta alle caratteristiche ecologiche e alla sostenibilità a lungo termine.

Il bioregionalismo è una teoria che è stata formulata per la prima volta da Peter Berg e Raymond Dasmann all’inizio degli anni ‘70 del secolo scorso. Berg ha definito bioregione “tanto il terreno geografico quanto il terreno della coscienza”.

Bibliografia
Angelini A. (2023). Bioregionalism, in Dictionary of Ecological Economics. Terms for the New Millennium (edit) Haddad Brent M.; Solomon Barry D. Hunsberger C. (2015). Bioregionalism and Global Ethics: A Relational Perspective.
Environmental Ethics, 37(4): 437-454.
Magnaghi A. (2000). Il progetto locale. Verso la coscienza di luogo. Torino: Bollati Boringhieri.
McGinnis M.V., a cura di (1999). Bioregionalism. New York: Routledge.
Sale K. (1985). Dwellers in the Land: The Bioregional Vision. San Francisco: Sierra Club Books.
Thayer R.L. (2003). LifePlace: Bioregional Thought and Practice. Berkeley: University of California Press.

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Il lessico della transizione ecologica | Dizionario a cura di A. Angelini e M. Scalia

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