Manuela Orazi, ha curato la traduzione del romanzo L’isola di M. Selimović, recensito da noi qui.
Nata a Belgrado nel 1966 da madre croata e padre romano, è cresciuta a Roma, ma prima della guerra ha trascorso lunghi periodi nell’ex Jugoslavia, essendo stata sposata vent’anni con un sarajevese. Questa doppia appartenenza culturale è stata sicuramente determinante anche per la sua professione. Parallelamente all’attività di interprete e traduttrice, che svolge dal 1986, si è laureata in Architettura ed ha svolto per alcuni anni attività di ricerca sulla storia del territorio. Dal 2006 vive a Bracciano.
Le abbiamo rivolto alcune domande in merito all’opera dello scrittore serbo e al suo lavoro di traduttrice letteraria.
Ci racconti la sua esperienza nella conoscenza (letteraria) di questo autore.
Conoscevo Selimovic dai suoi due romanzi precedenti e molto più noti, Il derviscio e la morte e La fortezza, che ho letto più di vent’anni fa e soprattutto del primo ricordo ancora le atmosfere e la sensazione di sospensione tra realtà e sogno che si percepisce anche nell’Isola. Il terzo non l’avevo letto ma nonci ho trovato quella “continuità” con i primi due che alcuni ravvisano. Mi è piaciuto forse anche di più perché non ha una collocazione temporale, potrebbe essere accaduto o accadere nel presente. Anche lo stile letterario, l’impronta della scrittura di Selimovic in questo romanzo è attuale, ma non per questo facile. Le frasi sono dure, le sue parole sono pietre.
Quali sono i passaggi che le sono rimasti maggiormente impressi in quest’opera?
Quelli che scavano nei pensieri e nell’inconscio, che insistono sulle meschinità umane, ma con una lucidità che permette anche di provare una altrettanto umana pietà. Lo stupore dei due anziani nello scambio quotidiano con un giovane quasi sconosciuto che miracolosamente non li ignora e non li considera intellettualmente inferiori. Il tempo che passa lento e, nonostante sembri non accadere nulla, sentimenti, pensieri, riflessioni dei protagonisti svelano una grande inquietudine interiore, vissuta ognuno secondo la propria educazione e cultura. Il racconto dei delfini e quello dei cavalli, animali nobili gli uni e gli altri ma a ben guardare carnefici i primi, contrariamente all’immagine positiva che ne abbiamo, vittime i secondi. Mi è piaciuto molto, sono tanti brani che non dimenticherò.
Tradurre un’opera letteraria ha una difficoltà di fondo e un pericolo nell’essere il giusto medium per l’apprezzamento dell’opera in una lingua non originaria, e anche in un contesto culturale diverso. Che regole si dà in questo senso?
La regola principale è di rivedere la prima traduzione, fatta all’impronta, con occhi diversi e a volte, nei punti più difficili o “oscuri”, rifare il confronto con l’originale quindi, dopo un po’ di tempo dalla prima stesura, fare una revisione. Poi, rileggendo ad alta voce le parole trovano il loro posto “naturale”, per riuscire alla fine a dare alle frasi il giusto colore, odore e sapore, quello personale e intenzionale dell’autore.
Questo è per me il procedimento necessario, il resto riguarda la corretta ricezione del testo, che non può essere oggettiva, ma è sempre necessariamente individuale. Pe questo alla fine lavoro, nell’ultima stesura della traduzione, sulla “trasmissione” oggettiva, ma a volte tutto si riduce a un unico processo automatico, ovvero le varie fasi si risolvono in contemporanea e spontaneamente. Anche l’esperienza quindi ha la sua importanza.
Quali altre opere ha tradotto? E che cosa ha in programma?
Ho la fortuna di essere bilingue e negli ultimi trent’anni ho tradotto molti autori dell’ex Jugoslavia. Tra i libri più belli posso citare 99 cassetti, di Goran Petrovic, Ponte alle Grazie, Sul fascismo, di Ivo Andric, Nuova Dimensione, Non è la mia guerra, di Vladimir Jokanovic, Guanda, La cultura delle menzogne di Dubravka Ugresic (Premio Feronia)…
Sto traducendo il secondo volume della saga familiare Profumo di pioggia nei Balcani, di Gordana Kuic per Bollati Boringhieri, il primo volume è stato pubblicato nel 2015 ed è andato molto bene.
Perché si dovrebbe leggere questo libro a suo avviso?
Perché è un grande romanzo, un romanzo che ti scuote e ti trascina dentro ed è sorprendente che Selimovic sia così poco noto in Italia.
Ringrazio personalmente Manuela Orazi e la casa Editrice Bordeaux per aver collaborato alla sua realizzazione.
Antonia Santopietro