di Paolo Risi
Una piccola testa di Medusa, da cui spuntano lateralmente due alucce. La copertina sobria, riquadrata di nero, oro e verde, lineare e allo stesso tempo non esplicita, richiamo soffuso ad un contenuto presumibilmente significativo.
Immediatamente le mie sinapsi ingolfate macinano il grano di risulta e producono il fiore discontinuo, il sentore di polvere, di cose illuminate da luci diagonali. Tutto ciò spulciando Google Immagini e presumendo l’effetto che fa lasciarsi condurre da lontanissimi contatti analogici. La Medusa, le alucce, la brossura leggera. Risiede presumo, in questa apparente frugalità il segreto di una presentazione editoriale che pizzica, con silenziosa precisione, ancora nel 2000 e oltre, l’attenzione del lettore ramingo fra barlumi, balocchi e video che partono a tradimento.
Dal 1933 al 1971 è stata la collana editoriale per antonomasia: veste grafica pulitissima, grandi autori reclutati, la testolina della Medusa a identificare uno stile, l’invito a coltivare il piacere della lettura.
Fu grazie all’impulso di Enrico Piaceni che il patron Arnoldo Mondadori si convinse (nel 1933) a lanciare sul mercato una nuova collana che, in un clima politico non certo favorevole all’immissione di stimoli da culture diverse, desse risalto ai contemporanei stranieri. Dai vertici mondadoriani venne allestito un ensemble di giovani traduttori, fra i quali Pavese, Vittorini, Prampolini, Montale, Praz, flotta di incursori necessari a scatenare la “caccia” alle firme estere, alcune già affermate, altre da consolidare o lanciare nel panorama italiano. Fino a metà degli anni ’30 furono pubblicati una quarantina di titoli, coinvolgendo autori del calibro di Colette, Gide, Wolf, Huxley, Mann, Hesse. Il successo fu quasi immediato ma nel frattempo l’attenzione del regime cominciava ad allungarsi sulle attività delle case editrici, controllo che portò, sulla scia delle leggi razziali del ’38, alla rimozione delle opere di autori ebrei o di paesi considerati nemici.
Arrivò la seconda guerra mondiale, durante la quale vennero editati una ventina di titoli, e al suo epilogo la produzione editoriale della “Medusa” fu rilanciata dando spazio agli scrittori e alle opere che precedentemente erano stati bloccati dalla censura fascista. Dalla fine degli anni ’40 la collana prese a decollare, grazie all’acquisizione dei diritti di pubblicazione dei romanzi più celebri di Hemingway, fino all’apertura, nel decennio successivo, di un periodo glorioso, caratterizzato dalla pubblicazione di una ventina di nuovi titoli annuali, dal rilancio di Scott Fitzgerald e Faulkner e dalla “scoperta” di nuovi ed eccellenti autori (Bellow, Boll, Fante, Nabokov).
Il declino dei libri “Medusa” iniziò al termine degli anni ’60 e si prolungò fino al 1971 (per ironia della sorte lo stesso anno della scomparsa di Arnoldo Mondadori) quando uscì un solo romanzo, “Programmazione omicidi” di Loren Singer. A nulla valsero i successivi tentativi di rilancio che segnarono il definitivo tramonto della collana (in trentotto anni 535 romanzi stranieri e 203 romanzi italiani) e il suo ingresso nella storia e nell’immaginario culturale italiano.
Smetto di gareggiare su ebay, dove le “Meduse” si spintonano come animali in gabbia con la prospettiva plausibile di avvizzire, di essere dimenticate all’interno di un codice. Una specie di puntiglio, un’idea di rivalsa sulle pratiche informatiche, mi costringe a vestirmi e ad uscire di casa, di troncare per oggi con le cliccate stizzite, le emozioni che si fermano nel fondo degli occhi. Occorre la ricognizione fisica, decisiva e per nulla scontata fra pioggia, pioggia, pioggia e torpore del fine settimana, sciabolare la pigrizia per annusare e soppesare l’oggetto di carta e inchiostro, il pullman azzurro è un simbolo della mobilità efficace e ferma proprio davanti al porticato della libreria di paese.
Se il primo dribbling è per aggirare il palco con sopra schierati i volumi che a giudicare dalla copertina raccontano, più o meno tutti, con le decorose distinzioni del caso, di fanciulle sognanti in scenari estrapolati da luoghi virtuali, la successiva inversione di marcia dirotta verso lo sguardo trafelato del libraio e rigattiere, che col dito segnala una libreria denominata “modernariato” e in particolare una mensola in posizione medio-bassa, occupata per intero dalla storica collana Mondadori. Serve piegare le ginocchia, sfogliare (se ancora le giunture permettono al polpastrello di agire), constatare lo stato di conservazione, naturalmente annusare… davvero leggero, sorprendentemente leggero il libro che ho fra le mani, per niente esanime, anzi gagliardo nonostante l’età anagrafica, “agile e solido, impeccabile nella carta e nei caratteri”, “rilegato in cartoncino flessibile”, “formato comodo per lo scaffale, per il capezzale e per la tasca”.
I prezzi pensavo peggio, peccato per quelle sovracopertine trasparenti di foggia domestica, ma si possono togliere. Davvero fluido lo scorrere delle pagine, vediamo un po’… è “Il massaggiatore mistico” di V.S. Naipaul, il romanzo scanzonato di un premio Nobel.