SOLO UNA DECRESCITA FELICE (SELETTIVA E GOVERNATA) PUÒ SALVARCI | Maurizio Pallante – Alessandro Pertosa
Lindau 2017
La raccolta di saggi scritti da Maurizio Pallante e Alessandro Pertosa intende offrire in primis una panoramica sulle potenzialità “rivoluzionarie” connesse all’idea di Decrescita felice; aspetti che coinvolgono le dimensioni conoscitive, culturali e politiche della realtà, spirituale e materiale, che ci circonda e di cui siamo parte integrante.
Nell’esplicazione di una linea d’indirizzo, gli autori si impegnano a chiarire alcuni fraintendimenti relativi ai contenuti fondanti della decrescita. Equivoci derivati dall’utilizzo inadeguato di termini (ad esempio l’impiego della parola slogan per etichettare pensieri inerenti alla decrescita) o dall’approssimazione con cui vengono abbinati concetti in realtà molto distanti fra loro (la falsa corrispondenza tra le nozioni di beni e merci, in grado di alimentare il mito del PIL come indicatore di benessere delle persone). Un ulteriore motivo di precisazione riguarda le diverse interpretazioni concettuali della decrescita. Fra di esse ve ne sono due in particolare (la decrescita tout court di cui parla Serge Latouche e la decrescita felice propugnata da Maurizio Pallante) che vengono spesso confuse, e che presentano invece delle differenze significative, su cui gli autori del volume edito da Lindau si soffermano ampiamente. Non manca un accenno polemico alle esternazioni dell’economista e filosofo francese a proposito della Decrescita felice: “Non so, e poco importa sapere” scrive Maurizio Pallante “se la ripetuta deformazione e banalizzazione della decrescita felice da parte di Latouche dipenda da una lettura superficiale o da un’incomprensione…”
Vengono analizzate da Pallante e Pertosa le dinamiche economiche, sociali e politiche che caratterizzano questo inizio di millennio, e l’idoneità della Decrescita felice nell’interpretarne correttamente la portata. L’impressione è che ci si trovi di fronte ad un percorso che condurrà alla fine di un’epoca storica iniziata più di duecentocinquanta anni fa con la rivoluzione industriale. In questo senso la finalizzazione dell’economia all’incremento della produzione di merci ha portato negli ultimi decenni all’adozione di inique politiche del lavoro, alla limitazione della democrazia, all’infittirsi delle maglie della globalizzazione e della finanza speculativa, tutti elementi che stanno producendo effetti drammatici sugli equilibri del pianeta: “Tutti i più gravi problemi che affliggono l’umanità sono causati da questo processo: le migrazioni di massa, la disoccupazione, l’estensione della povertà e l’impoverimento delle classi medie di Paesi industrializzati, la crisi climatica, la proliferazione di guerre locali che nel loro insieme costituiscono, per riportare un concetto espresso da papa Francesco, una terza guerra mondiale frammentata”.
Il quadro non lascia presagire visioni ottimistiche, ed è nell’avvicendarsi di spinte contrarie alla sostenibilità, al benessere reale delle persone, che i fautori del movimento per la Decrescita felice riaffermano i loro principi cardine: la riduzione selettiva della produzione e del consumo di merci che non sono beni
(congiunta ad un utilizzo oculato delle risorse naturali) e l’aumento dell’autoproduzione di beni e degli scambi non mercantili, da realizzare recuperando saperi sclerotizzati dalle dinamiche di mercato e della globalizzazione, proposta che presenta profonde affinità con le riflessioni di Ivan Illich sul concetto di vernacolare.
A questi presupposti teorici si accompagna la necessità di condividere un impianto di valori che promuova e renda desiderabili la collaborazione, la solidarietà, la convivialità, la misura, la creatività, la contemplazione. Scienza e tecnica non sono esclusi da questa prospettiva culturale e politica, al contrario risultano sostanziali nel momento in cui perseguono gli obiettivi di ridurre sprechi e prodotti inquinanti, di “fare bene per aggiungere bellezza alla bellezza originaria del mondo”.
Leggere l’opera di Maurizio Pallante e Alessandro Pertosa permette di avvicinarsi all’esperienza della Decrescita felice alla luce di cambiamenti e spinte politico-finanziarie in piena evoluzione. Gli intenti di un blocco di potere sistemico, che rinuncia a distinzioni ideologiche in nome del profitto, appaiono sempre più anacronistici e destinati ad incrementare le diseguaglianze fra individui e popoli. I sostenitori della Decrescita felice rilanciano quindi il loro messaggio, esternano il loro afflato spirituale e culturale che è a tutela del presente e del futuro del pianeta: “L’orizzonte culturale a cui essi fanno riferimento per orientarsi nel loro cammino è costituito dalla compatibilità ambientale e dall’equità, tra gli esseri umani e tra la specie umana e le altre specie viventi. Dalla cura per la casa comune e per tutti gli abitanti che ci vivono”.