#SpecialeSostenibilità
a colloquio con Tullio Berlenghi autore del saggio
STORIA DEL DIRITTO AMBIENTALE
Primiceri editore 2018
Questo saggio ha l’obiettivo di ricostruire la storia del diritto ambientale, partendo dalle primissime organizzazioni sociali fino ai giorni nostri. Il saggio, dallo stile divulgativo, è destinato a chiunque sia interessato ai temi ambientali, anche senza avere una formazione giuridica. Il testo è diviso in quattro parti che prevedono: un inquadramento complessivo di quella branca del diritto che si occupa della tutela dell’ambiente e degli ecosistemi; un excursus storico che individua, nell’ambito dell’evoluzione dei sistemi giuridici, gli ambiti di intervento che – a vario titolo – possano essere ricondotti, ancorché indirettamente, nell’alveo del diritto ambientale, si passa così dal Codice di Hammurabi alle XII tavole, dal Medioevo allo Statuto Albertino; il fulcro vero e proprio del saggio ovvero la storia del diritto ambientale a partire dalla nascita della Repubblica e dall’approvazione della Carta Costituzionale, tenendo conto dei rilevanti fattori – sociali, culturali, politici ed etici – che hanno determinato i molteplici cambiamenti registrati in materia di diritto ambientale; da ultimo si offre una analisi su come l’esigenza di tutela ambientale abbia condizionato l’evoluzione del diritto internazionale e di quello dell’Unione Europea. In particolar modo, in questa ultima parte, si sottolinea l’importanza di alcuni storici summit internazionali – come la Conferenza di Stoccolma del 1972 e la Conferenza di Rio de Janeiro del 1992 – che hanno impresso una significativa accelerazione alla costruzione di un quadro giuridico mondiale di tutela dell’ambiente e degli ecosistemi, nonché del costante sviluppo del quadro normativo eurounitario.
Qual è a tuo avviso la definizione più attuale e completa di sostenibilità?
Se tu avessi fatto questa identica domanda 30 anni fa probabilmente l’interlocutore avrebbe chiesto di chiarirne meglio il senso, visto che in passato l’ambito comune di utilizzo del termine “sostenibilità” sarebbe stato evidentemente quello economico. Ormai invece, nel linguaggio corrente, quando si parla di “sostenibilità” è sottinteso che ci si riferisca a quella ambientale, un concetto introdotto quasi cinquant’anni fa con il celebre rapporto “I limiti dello sviluppo”, commissionato dal Club di Roma ed elaborato dal System Dynamics Group Massachusetts Institute of Technology (MIT), che evidenziò per la prima volta in maniera analitica il rischio che l’impatto globale delle attività umane potesse minare la salute del nostro pianeta. Una buona definizione di sostenibilità fu data nel 1987 dal rapporto “Our Common Future”, meglio noto come Rapporto Bruntland, nel quale si giudica sostenibile lo sviluppo “in grado di soddisfare i bisogni della generazione presente, senza compromettere che le generazioni future riescano a soddisfare i propri”. A mio avviso rimane una definizione un po’ troppo antropocentrica e forse sarebbe più giusto parlare di sostenibilità soltanto quando le nostre azioni non producano conseguenze sugli ecosistemi e sulla biodiversità.
Quali sono le origini del diritto ambientale e in che stadio di perfezionamento ci troviamo oggi?
Il diritto ambientale non è nato per tutelare l’ambiente. Quantomeno non è nato per tutelare l’ambiente in sé. L’oggetto iniziale della tutela ambientale era – seppur indirettamente – l’uomo, o meglio la sua salute. Le prime norme di tutela ambientale infatti erano finalizzate alla regolazione delle attività che potessero avere conseguenze sulla salute delle persone. Con questo inquadramento possiamo rinvenire norme di interesse ambientale addirittura nel Codice di Hammurabi, ossia una delle più antiche raccolte di leggi della storia dell’umanità, ma un’impostazione più sistematica la troviamo senza dubbio nel diritto romano, il quale contiene, ad esempio, molte disposizioni finalizzate a garantire la “salubritas” dei cittadini, con particolare attenzione alle norme che regolano la gestione di quello che oggi viene definito il sistema idrico, importantissimo per garantire l’igiene degli abitati e tutelare la salute delle persone. Per parlare di diritto ambientale vero e proprio però abbiamo dovuto aspettare quasi duemila anni e io fisserei – almeno per il nostro Paese – come anno di riferimento il 1986, ossia l’anno in cui venne istituito – con legge dello Stato, la n. 349 del 1986 – il Ministero dell’ambiente. Da allora abbiamo assistito ad una crescita della produzione normativa in tema ambientale che è andata di pari passo con l’aumento della consapevolezza e della sensibilità in materia. Ovviamente c’è ancora molto da fare e l’auspicio è che il prossimo Parlamento possa contare su un’ampia rappresentanza “ambientalista”, che permetta di rafforzare e migliorare il quadro normativo attuale.
Quali sono gli elementi di rilievo in materia di diritto ambientale e quali gli ambiti di maggiore attenzione oggi?
Non credo che ci siano elementi che possano essere considerati preminenti rispetto ad altri nel diritto ambientale. Quello che conta è l’obiettivo del diritto ambientale, che è un obiettivo complesso e che viene “settorializzato” solamente per ragioni sistematiche e pratiche, ma non possiamo certo pensare, ad esempio, che tra la gestione dei rifiuti e la tutela delle acque si possa definire un ordine di importanza. Ognuno di questi ambiti concorre a dare vita ad un sistema di tutela complessivo che è fondamentale per garantire il mantenimento di un ecosistema sano, da cui dipendono la nostra salute e la qualità della nostra vita. Il vero aspetto su cui bisognerebbe riflettere è che troppo spesso in passato – e talvolta ancora adesso – il diritto ambientale è stato considerato una sorta di diritto “minore”, destinato a finire in secondo piano di fronte agli interessi economici. Un’impostazione che va attribuita ad una visione miope anche sotto un profilo squisitamente economicistico delle scelte, che purtroppo non prendono in adeguata considerazione le cosiddette “esternalità ambientali”, che sono comunque un valore economico (negativo) il cui costo viene pagato dall’intera collettività. La vera sfida del diritto ambientale sarà proprio quella di affermarsi come un elemento unitario e centrale nel nostro ordinamento giuridico.
Hai sentito di certo parlare di “greenwashing” e di comunicazione ambientale, qual è lo stato dell’arte rispetto alla necessità di fornire informazioni veritieri e chiare al consumatore o all’utente?
Può sembrare paradossale, ma sono convinto che la diffusione del greenwashing sia uno dei segnali che ci fanno capire quanta strada abbia fatto la cultura ecologica. Fino a non troppo tempo fa infatti nessuna azienda avrebbe investito un centesimo per una comunicazione commerciale che evidenziasse la sostenibilità ambientale (vera o presunta) di un prodotto. Adesso le cose sono decisamente cambiate e tutti sentono il bisogno di arricchire il messaggio pubblicitario con indicazioni che spieghino quanto sia “green” la propria filiera produttiva. Questo significa che c’è una crescente domanda di sostenibilità da parte dei “consumatori”, alla quale il mercato reagisce cercando di adeguare l’offerta. Ovviamente bisognerà vigilare (e sarà compito del legislatore, attraverso il diritto ambientale) in modo da garantire che la sostenibilità dichiarata coincida con la sostenibilità effettiva.
Secondo la tua esperienza quanto sono integrate nel vivere comune, responsabilità ambientale e consapevolezza nelle scelte di consumo?
La consapevolezza delle conseguenze ambientali dei propri stili di vita è indubbiamente aumentata molto ed è sempre più frequente che i comportamenti dei singoli tengano conto dell’acquisita consapevolezza di dover ridurre la nostra “impronta ecologica”, ma c’è ancora tantissima strada da fare. E’ necessario agire su più livelli, da un lato attraverso la leva dell’informazione e della sensibilizzazione in modo da portare il maggior numero di persone ad effettuare delle scelte di sostenibilità a titolo individuale ed indipendentemente dalle restrizioni e dagli obblighi imposti a livello normativo, dall’altro è comunque necessario che siano le istituzioni a tutti i livelli – dal Parlamento Europeo agli Enti Locali – a disegnare un quadro di regole che ci permetta di vivere una vita di qualità, senza pregiudicare in alcun modo l’ambiente che ci ospita e che servirà ancora integro e salubre ai nostri figli e ai nostri nipoti.
Se tu potessi aggiungere una sola legge al quadro normativo del diritto ambientale, quale sceglieresti?
Il nostro Paese ha estrema urgenza di approvare una legge per fermare il consumo di suolo, che è una risorsa finita e non riproducibile, essenziale per la nostra sopravvivenza. Dai dati forniti dall’ISPRA emerge che il consumo di suolo in Italia prosegue senza sosta privandoci ogni giorno di preziose aree naturali e agricole, che vengono ricoperte da asfalto e cemento, fabbricati residenziali e produttivi, centri commerciali, servizi e strade. Il suolo consumato è passato dal 2,7% degli anni ’50 al 7,6% attuale, cancellando qualcosa come 23.000 chilometri quadrati del nostro territorio, una superficie corrispondente all’Emilia Romagna. Salviamo il Paesaggio, il coordinamento delle associazioni che ha come obiettivo quello di salvare il paesaggio e il territorio italiano dalla deregulation e dal cemento selvaggio, ha predisposto, grazie ad un pool di esperti, una proposta di legge che va in questa direzione. Il mio augurio è che Il Parlamento della XVIII legislatura la discuta e la trasformi in legge dello Stato.
Tullio Berlenghi è nato a La Spezia il 27 agosto 1963 e vive a Labico in provincia di Roma. Si occupa di politiche ambientali, di urbanistica e mobilità sostenibile. Ha collaborato con le riviste Ciclismo, Ecomondo e Modus Vivendi, con il quotidiano Terra e con il periodico Notizie Verdi. Nel 2005 ha pubblicato il saggio, con illustrazioni di Sergio Staino, Come difendersi dagli ambientalisti. Dal 1997 al 2006 ha collaborato alla realizzazione di Stradarolo, Festival internazionale dell’arte su strada, organizzato dai Tetes de Bois. Dal 2007 è membro della Giuria del premio internazionale Giornalisti nell’erba. Dal 2013 al 2017 è stato nel direttivo Federazione italiana Media Ambientali e attualmente fa parte del Gruppo di Lavoro del Forum nazionale Salviamo il Paesaggio. Nel 2017 ha pubblicato Alle Colonne d’Ercole, in cui racconta il suo viaggio in bicicletta di 2300 chilometri in solitaria da Genova allo Stretto di Gibilterra.