La stanza profonda | Vanni Santoni
Laterza 2017
Collana: i Robinson / Letture
Serie: Solaris
È appeno uscito per Laterza il nuovo romanzo di Vanni Santoni, La stanza profonda che segna una linea di continuità nella narrazione di una subcultura negletta a cui lo scrittore fiorentino ci ha introdotto con Muro di casse (2015). Ambientato tra i giocatori di ruolo, traccia la storia di questo medium raccontando al contempo vent’anni di vita, gioco e conflitti di un gruppo di giocatori di provincia, e quindi la dissipazione della provincia stessa
Abbiamo rivolto alcune domane a Vanni Santoni, che ringraziamo.
Quando e in che modo ha origine La stanza profonda?
La stanza profonda sgorga, più che dalla mia esperienza ventennale di dungeon master, dal mio libro immediatamente precedente, Muro di casse. Quando infatti il Muro ha iniziato a andare molto forte, e da Laterza è arrivato l’invito a inventarmi un altro Solaris, è stato naturale pensare ai giochi di ruolo poiché, sebbene apparentemente lontanissimi dai rave – il baccanale è attività, su tutte, estroversa, laddove il rinchiudersi in una cantina in gruppetti di cinque o sei per inventare mondi appare passatempo di tenore certamente opposto – hanno con essi importanti punti in comune: il focus sull’inventare mondi, quasi che fossero uno degli ultimi nascondigli del desiderio utopico contemporaneo; la gratuità; la non competitività; l’organizzarsi su tempistiche diverse da quelle della mera “ricreatività”, e quindi esterne alla dicotomia lavoro/riposo che poi, di fatto, al lavoro è del tutto funzionale.
È possibile dedicarsi ai giochi di ruolo solo per diletto, semplicemente allo scopo di divertirsi, oppure, come traspare ne La stanza profonda, occorre andare oltre, metterci realmente qualcosa in più, immedesimarsi, giocare aderendo a una specie di stile di vita?
Esattamente come per i rave, si può esserne profeti, organizzatori o semplici partecipanti. Ed è interessante anche questo: il fatto che, a differenza di altre attività umane, prevedano naturalmente diversi gradi di “engagement”, da minimo a massimo, senza però precludere l’esperienza a nessuno, a prescindere dal punto della scala di coinvolgimento in cui scelga di collocarsi.
Com’è la vita di un giocatore di ruolo?
Simile alla vita di un non giocatore, salvo un certo giorno o due la settimana…
Penso a Gianni Rodari (“bambini, imparate a fare le cose difficili”) e mi viene da farti una domanda: pensi che un adulto sia in grado di giocare con lo stesso trasporto, con la stessa maestria di un bambino? Nei giochi di ruolo sembra che questo accada… o forse è soltanto un’illusione, la scia luminosa di un tempo passato?
Sicuramente sì. Uno dei punti di forza dei GdR è proprio il fatto di riuscire a scatenare un elevatissimo coinvolgimento con un numero di elementi ridotto e tempi di innesco anche minimi: sono molto più facili da provare che da spiegare.
La stanza profonda prosegue, dopo Muro di casse (in cui si parlava di free party), una ricognizione nel mondo delle subculture (più o meno giovanili). A quali altre sottoculture sei interessato? Ne stanno nascendo di nuove che avranno l’integrità, la forza sufficiente per non corrompersi?
Credo sia normale che le avanguardie culturali seguano un arco che va da innovazione di nicchia, a controcultura in grado di impattare con forza la società, a sottocultura con un suo codice chiuso, fino a diventare poi fenomeni residuali. Vedremo cosa ci riserverà il futuro.
Nel libro gli anni ’80 fanno ogni tanto capolino, e lo fanno in modo significativo; parli di di un mondo arcigno, ancoro tignoso, in cui “i vecchi in campagna ricordavano un pugno di segreti, ancora vi echeggiava un’illusione”. Gli anni ’80 appaiono come un periodo che introduce ad un processo di decomposizione, di sfaldamento che concerne la vita sociale, la cultura, un certo senso di appartenenza…
Sono il periodo in cui, almeno in Italia, è arrivata la postmodernità. A me personalmente non dispiace il crollo di idoli, parametri e gerarchie: preferisco il caos a qualunque forma di autorità. Ma è ovvio che si tratta di transizioni che possono essere dolorose – e anche rovinose laddove alla distruzione dell’ordine precedente non si accompagni una reinvenzione. Non c’è dubbio circa il fatto che mostre nostre piccole città di provincia, che erano rapidamente passate da essere realtà rurali a realtà industriali, hanno reagito malissimo alla postindustrializzazione, diventando tragici dormitori, se non proprio lande desolate. In un simile contesto, è interessante allora guardare sotto un’altra prospettiva l’attività creativa, ancorché autoriferita, tipica dei giochi di ruolo: e se si trattasse di una forma di resistenza?
L’ultima partita del gruppo riunito nella stanza profonda si conclude con un’irruzione di uomini in divisa; dall’esterno, inaspettato, prorompe il Nulla. “Cresce, cresce e dilaga sempre più, se mai si può dire che il Nulla cresce. Tutti gli altri sono fuggiti per tempo, ma noi non volevamo abbandonare la nostra terra. E così ci ha colti nella notte e ha fatto di noi ciò che ora tu hai davanti agli occhi”. Cos’è per te il Nulla e cosa intendi dire con “noi non volevamo abbandonare la nostra terra”?
È quello che vedi nel libro, ma non c’è neanche bisogno di andare su qualcosa di raffinato come i giochi di ruolo. Pensa al fatto che ogni giorno, tutti i giorni, enormi risorse statali vengono sprecate per perseguire ragazzini che fanno uso di sostanze diverse da quelle socialmente e tradizionalmente accettate, e paradossalmente più dannose, quali alcol e tabacco – di fatto, quindi, perseguitandoli per i loro, pur sostanzialmente innocui, stili di vita. È come se, nell’accelerazione del tempo contemporaneo, la società faticasse a riconoscere se stessa e i propri cambiamenti strutturali, finendo per attorcigliarsi in un moto autopersecutorio e autocensorio assolutamente distruttivo. Il fatto che una novità intelligente, formativa e perfettamente legale come i giochi di ruolo sia stata, nel momento dell’esplosione, oggetto di persecuzioni e cacce alle streghe mediatiche, è emblematico di questa tendenza.
La casa editrice Laterza concorre con questo romanzo per la prima volta al Premio Strega. Puoi leggere un estratto su ZEST e anche la recensione.
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