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“TACUINUM SANITATIS” (Introduzione alla Rubrica a cura di Federica D’Amato)

I Tacuina sanitatis erano, nel Medioevo, dei manuali riguardanti la scienza medica legata alle proprietà di cibi ed erbe. L’intento era quello di compendiare, in brevi testi dal respiro divulgativo e precettivo, la funzione terapeutica di quanto la natura offriva, non solo in termini alimentari ed erboristici, ma anche – come diremmo oggi – “olistici”: cielo e terra erano legati dai doni di Dio, ed era in questi che bisognava risalire alla salute di corpo e anima, essi tra loro intimamente connessi dalla certezza della vita eterna.
Qui, con le dovute differenze, si tenterà, all’insegna di brevità ed essenzialità, lo stesso scopo: risalire, attraverso la corrente carsica e divagante della poesia, la foce dell’umano, fino a giungere a quel guado del tempo dove la salute di quel che siamo veramente, e da sempre, ci attende.
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giuseppe-rosato

Foto presa dal web

1. Poesia: Lettera, di Giuseppe Rosato

Dunque, quale sarà la vittoria?
La prova sofferta e superata, la fine della corsa, il premio di arrivare a un traguardo solo nostro?
Sarà l’amore quando – alla fine di tutte le distanze e di tutte le vite che in questa abbiamo, incredibilmente increduli, vissuto – non sapremo più che è amore, ma tempo, lune e neve da accarezzare sui volti in cui ci siamo scoperti amanti, presi nel disegno di una storia che non può essere mai solo la nostra. Lì, in quel punto dell’evento terrestre che chiudendosi sarà per sempre consegnato a una rinascita, dovremo scrivere: non quella storia, non quell’incontro o della paura del distacco. Dovremo scrivere per benedire, passando il testimone a chi continuerà il giro eterno dello stare male e dello stare bene. Lì più chi avrà con benedizione amato sarà salvo da se stesso e, nella memoria degli occhi di coloro che ci hanno veduti arresi a una ignota promessa, saremo l’orizzonte e il mare, quella lettera che non abbiamo mai scritta.

Lettera, di Giuseppe Rosato

Amo la mano che ti scrive
parole contro il buio della notte.

Fossi con me tu a dirle dietro i vetri
chiusi come una nera umida soglia.

Ricordo tutta una notte ti parlai
con un disegno rosso dentro gli occhi.

Potessi scaldarti gli occhi
col fiato, scioglierti le lacrime.

Dormiremo sopra le mani aperte
e crederemo l’altro il nostro viso.

Ogni sera è un infrangersi di specchi,
quante luci del giorno vi passano.

Come sa una parola consolarmi
se penso che a te giunge e la ripeti.

Amo la mano che di me ti dice
gli occhi la notte il freddo nella bocca.

da La traccia di beltà: l’amore, la memoria (1953-2007), Noubs, Chieti, 2008.

Nota Biografica: Giuseppe Rosato (Lanciano, 1932) è uno dei maggiori poeti italiani viventi. Insegnante e autore radiofonico RAI, si è occupato di giornalismo culturale, critica d’arte, letteratura e soprattutto poesia. Della sua vasta ed eterogenea bibliografia, si ricordano i volumi di poesia L’acqua felice (Schwarz, 1957), Di questa storia che declina (Manni, 2005), La traccia di beltà: l’amore, la memoria (Noubs, 2008), Le cose dell’assenza (Book Editore, 2012), Conversari (Carabba, 2014). Ha ricevuto i premi Carducci (1960), Frascati (1999) e Pascoli (2010).

Federica D’Amato

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Tacuinum sanitatis 1: “Lettera” – G. Rosato

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