“TACUINUM SANITATIS” (Introduzione alla Rubrica)
a cura di Federica D’Amato
I Tacuina sanitatis erano, nel Medioevo, dei manuali riguardanti la scienza medica legata alle proprietà di cibi ed erbe. L’intento era quello di compendiare, in brevi testi dal respiro divulgativo e precettivo, la funzione terapeutica di quanto la natura offriva, non solo in termini alimentari ed erboristici, ma anche – come diremmo oggi – “olistici”: cielo e terra erano legati dai doni di Dio, ed era in questi che bisognava risalire alla salute di corpo e anima, essi tra loro intimamente connessi dalla certezza della vita eterna. Qui, con le dovute differenze, si tenterà, all’insegna di brevità ed essenzialità, lo stesso scopo: risalire, attraverso la corrente carsica e divagante della poesia, la foce dell’umano, fino a giungere a quel guado del tempo dove la salute di quel che siamo veramente, e da sempre, ci attende.
5. Le amorose, di Luigi Trucillo
C’è un luogo della parola che non è il significato, e nemmeno il posto dove vuole arrivare, ma l’incontro che, non potendo, non volendo sempre essere un luogo d’amore, diventa il colore impresso nella memoria, lo stesso che anni dopo, in una manciata di ricordi, diventerà il sigillo, diverrà il vero significato del nostro linguaggio. È la traccia di briciole che segna il nostro destino, visibile solo dopo averne gettato a terra il valore, dopo essersi liberati dell’evento con la scoria di un discorso. Per Luigi Trucillo, in questa poesia, forse le briciole sono la polpa nuda di quel frutto che è il nostro nome, la nostra parola, compresa veramente solo dopo: dopo la nominazione, dopo l’amore, dopo la logica, persino dopo tutti quei semplici sì di cui la nostra vita è incredibilmente colma. Dopo, sempre dopo aver abbandonato la volontà di comprendere quel tono, quel colore che ci anima, distinguendoci da tutti gli altri, rendendoci unici, una sfumatura unica che ci riguarda intimamente e che, per farci morire e rinascere durante il cammino, rifugge ogni tipo di svelamento, solo così cambiandoci fino in fondo.
Poesia tratta da Le amorose, di Luigi Trucillo, Quodlibet, 2004
Dove parli
resta una traccia
o uno sbaffo
viola
fermo nell’aria
come una voglia di prugna.
Alcuni lo trovano illogico
(ma la logica non è
la mancanza di voglia di alcuni),
sostengono che la parola
non è un frutto
e quindi non ha bucce,
ma se la polpa fosse nuda
chi ascolterebbe?
I colori che vestono
i tuoi suoni
quando parli
ascoltano anche per i sordi
tutti i frutteti del mondo,
come il blu del bisbiglio,
il rosso della ciliegia,
il verde della conoscenza
e perfino l’acino dorato
del sì,
il tuo più dolce.
Così adesso che è inverno
e sei lontana,
scrutando gli alberi
che tacciono spogli
penso che solo quello che non capiamo
a volte ci cambia
fino in fondo.
Nota Biografica:
Luigi Trucillo (Napoli, 1955) è poeta, narratore e saggista. Ha pubblicato Navicelle (Cronopio, 1995), Carta mediterranea (Donzelli, 1997), Polveri (Cronopio, 1998), Le amorose (Quodlibet, 2004), Lezione di tenebra (Cronopio, 2007), Darwin (Quodlibet 2009) e il romanzo Quello che ti dice il fuoco (Mondadori, 2013) . Una selezione delle sue poesie è stata tradotta in danese e in tedesco.