“The Quickening”: creazione e comunità ai confini della terra | Elizabeth Rush
Recensione a cura di Nicole Emanuel via EcolitBooks | traduzione autorizzata
Gli umani hanno attribuito molti nomi piuttosto imponenti alla regione che altrimenti conosciamo come Antartide. È stata chiamata l’Ultimo Continente, l’Ultima Terra Incontaminata, i Confini della Terra. Prima che qualcuno posasse gli occhi sul continente più meridionale, le antiche mappe spesso includevano una massa terrestre polare ipotetica etichettata come Terra Australis Incognita, la “terra sconosciuta del sud”. L’Antartide è sempre accompagnata da queste parole: ultimo, finale, definitivo, sconosciuto. Come possiamo descrivere questa terra che sembra superare la comprensione umana? O è forse il linguaggio a essere semplicemente irrilevante quando lo applichiamo a questo luogo, che la nostra specie non ha mai abitato permanentemente?
In “The Quickening (l’accelerazione): Creazione e Comunità ai Confini della Terra”, Elizabeth Rush dedica oltre 350 pagine a cercare di catturare l’Antartide con le parole. Tuttavia, tra quelle pagine, Rush riconosce l’apparente impossibilità del suo compito. In un momento, trovandosi su una minuscola isola che molto probabilmente non ha mai ospitato visitatori umani prima d’ora, Rush si ritrova sull’ultima pagina del suo taccuino. Lo interpreta come un segnale per “abbandonare il tentativo di rendere l’esperienza in un linguaggio che nega l’agire agli uccelli, al sole e alla terra”, e invece semplicemente testimoniare le diverse attività che si svolgono intorno a lei.
Rush è forse una delle migliori candidate per affrontare l’impossibile sfida di esprimere la relazione inesprimibile tra gli umani e l’Antartide. Ha trascorso anni a fare ricerca e a riportare sul cambiamento climatico, in particolare sui suoi impatti sulle aree costiere (vedi la recensione di Jacki Skole sul “Rising” di Rush nominato per il Pulitzer). Con questo background, ha senso che la National Science Foundation abbia offerto a Rush la possibilità di unirsi a un team di quasi sessanta persone in una missione per studiare il Ghiacciaio Thwaites, che ci dice essere “la variabili più incerta, la più grande incognita conosciuta” che influisce sui modelli di aumento del livello del mare. L’area di interesse giornalistico di Rush, così come la sua abilità nel passare tra spiegazioni sfumate della scienza climatica e riflessioni più liriche e aperte, la rendono un’artista ideale per coprire questo impegno urgente. “The Quickening” è il resoconto di quel viaggio di Rush e offre ai lettori un resoconto di prima mano di come appare il viaggio in Antartide nel ventunesimo secolo.
Ma “The Quickening” è molto più di un semplice diario di viaggio. Accanto alla narrazione del suo viaggio verso Thwaites, Rush intreccia meditazioni sulla maternità, un argomento molto presente nella sua mente all’epoca, in parte perché accettando l’opportunità di viaggiare verso sud, stava anche rimandando la gravidanza che sperava di avere. In effetti, l’argomento della maternità è forse il tema che guida veramente il libro. Diventa un’indagine profondamente riflessiva su cosa significhi creare nuova vita in un mondo soggetto a sistemi planetari sempre più imprevedibili, che noi stessi stiamo attivamente alterando. Rush chiede ai suoi compagni di viaggio cosa ne pensano di queste questioni, e gran parte del libro è presentato come “monologhi” pronunciati direttamente da vari scienziati e membri dell’equipaggio. Queste sezioni del libro sono impostate quasi come un dialogo in una pièce polifonica.
Una riflessione espressa da uno dei geofisici che studiano Thwaites ritorna all’idea che l’Antartide – e in particolare i cambiamenti accelerati che sta subendo – esista al di là delle nostre limitate capacità di espressione. Lo scienziato osserva a Rush che “cose che una volta abbiamo vissuto come inerti stanno entrando in azione: le calotte di ghiaccio si stanno spezzando, i ghiacciai si stanno riducendo”. Prosegue osservando che “muoversi a passo di ghiaccio una volta significava una sorta di lentezza che intorpidiva la mente, ma il mondo è uscito di sincronia con la metafora che ha creato”. I cambiamenti che gli esseri umani hanno portato sul nostro pianeta si sono mossi più velocemente del nostro linguaggio. Questo potrebbe essere interpretato come “il quickening” a cui si riferisce il titolo di Rush, ma lei ci ricorda che la parola significa anche “il momento in cui inizia a percepire i movimenti del bambino” durante la gravidanza, e che la radice della parola significava “essere vivo” molto prima che significasse “muoversi velocemente”. Nei suoi tentativi di confrontarsi con una Terra molto vivace, “The Quickening” è un contributo unico e prezioso al canone della letteratura antartica.
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