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Venezia e l’Antropocene. Una guida ecocritica.
Cristina Baldacci, S
haul Bassi, Lucio De Capitani, Pietro Daniel Omodeo
Prefazione di Serenella Iovino
Wetlands, 2022


di Paolo Risi

Venezia e l’Antropocene – Una guida ecocritica è un mosaico di studi e esperienze che permette di “leggere” la città lagunare in modo inedito, e di identificarla per ciò che effettivamente è: un ecosistema insidiato, una chiave per comprendere il nostro mondo, sempre più vulnerabile.

A tutti gli effetti una nuova guida di Venezia, corredata di una mappa dei luoghi citati e da alcuni inserti “digitali”, che in un’epoca di stravolgimenti climatici getta uno sguardo sul passato, sulla modernità, sulla relazione tra uomo e ambiente in un territorio particolarissimo.

Sconvolgente. Nella prefazione di Serenella Iovino viene così stimato il sublime caleidoscopio veneziano. Un luogo concreto e un archetipo, che interroga sensi e intelletto, e che già per il fatto di esserci, di essere percorribile e navigabile, suscita stupore: un luogo quindi sconvolgente, impraticabile, meraviglioso.

Ma Venezia è anche una “macchina per pensare” scrive Iovino citando Salvatore Settis: ciò che rappresenta comprende l’universalità, l’intrecciarsi di dinamiche in un tempo intermedio, di riflessioni e urgenze globali. Antropocene: un compendio, una visualizzazione che ingloba passato, presente e futuro della Terra. Viene in mente il pannello sul quale gli investigatori, nelle crime stories, appendono documenti, fotografie di vittime e sospettati, le relazioni intercorse tra di loro.

Cambiamenti climatici ed estinzioni di massa, rifiuti tecnologici e plastica oceanica, giustizia sociale, fallout nucleare, megalopoli, sovrappopolazione, pandemie e la moltitudine di futuri fossili che, un giorno, costelleranno la faccia (e le viscere) della Terra.

Un’occasione per conversare di Antropocene, preannuncia Lucio De Capitani nell’introduzione all’opera; le molti voci (di studiosi di discipline umanistiche, nonché di giornalisti, artisti, attivisti ed educatori) riecheggiano in un contesto perlomeno unico, in cui i confini tra storia umana e storia ambientale permangono impalpabili, motivo di interconnessione più che di demarcazione e di precisazione delle singolarità.

Venezia, quindi, alla stregua di un laboratorio, d’arte, di tecnica e di contaminazioni culturali. Ancora una volta, attingendo al passato e a nuove sensibilità, la città offre se stessa per suscitare – scrive De Capitani – un ripensamento radicale dello status quo e una nuova visione del futuro, sostenibile e più equa.

Sette sezioni tematiche (Paesaggi d’acqua, Architettura, Cibo, Liberazione ecologica, Migrazioni, Immersione, Paesaggi d’aria) per significare, in definitiva, l’Antropocene in Laguna. Segni che vanno dal fenomeno osservabile (innalzamento delle acque, ondate di turisti, infrastrutture petrolchimiche, l’esaurimento della fauna ittica) a una sorta di tangibilità inconscia, innestata nell’ecosistema e individuabile solo prestando adeguata attenzione.

Il volume edito da wetlands dà contezza di quanto materiale speculativo e quante suggestioni abbiano origine dalla Serenissima. Accenti lirici, miti e leggende, appostamenti: i contributi spaziano dalla scienza alla letteratura e all’arte, da una dimensione universale al dettaglio come genoma della complessità.

Si è rimarcato il proposito, irrinunciabile, di sottolineare le eredità del passato, e di trattare il presente in quanto “simposio”, confronto di idee proiettate sul futuro. L’armonia, e con essa l’esigenza di preservarla, riguarda specifiche aggregazioni e in modalità sistemica la rete di comunità presenti in natura. Disquisendo di Venezia l’orizzonte si amplia, verso realtà urbane che portano in sé elementi di contiguità, associabili alla presenza e alle attitudini veicolanti dell’acqua. Viene ad esempio presentata una liaison tra Venezia e Torino, in qualche modo “bagnate” dal fiume Po e collegate dalla storia di un Bucintoro (la nave di Stato dei Dogi veneziani) trasportato nel feudo sabaudo nel XVIII secolo.

Proseguendo nell’operazione di connessione con il resto del mondo, viene brevemente proposta la storia del consumo del baccalà nel territorio veneziano. E da un tipicità gastronomica il discorso si allarga alle Isole Lofoten, dove i lagunari hanno scoperto le tecniche di essiccazione del merluzzo, e a Terranova, luogo strettamente legato al commercio ittico e, conseguentemente, al progressivo collasso delle riserve di pesca.

Cibo, con le molte implicazioni etiche e di impatto ambientale. L’Antropocene si caratterizza per le sue dinamiche di sfruttamento, di alterazione degli equilibri, e a tal proposito il rapporto con gli animali non umani offre, nell’arco della trattazione, numerosi spunti di riflessione. Dai gabbiani, occupanti spesso sgraditi degli slarghi urbani, ai microbi, contraltare di amicizie e relazioni che hanno come scenario le calli veneziane, si intercettano costumanze e approcci ontologici, che danno il senso di un’interazione a volte problematica a volte fruttifera.

Come si sarà intuito uno dei pregi del volume è l’organicità. Se viene riconosciuta all’Antropocene una misura geologica e sociologica allora fenomeni quali le migrazioni di massa ne rappresentano l’esito e nel medesimo tempo il substrato. I processi si autoalimentano e ricevono contributi da ciò che è stato creato o sconfessato. Capitalismo, geopolitica, colonialismo e imperialismo accomunano Antropocene e migrazioni, e Venezia possiede il “vissuto” per caratterizzarsi in quanto snodo, metafora di un pianeta che trova nell’acqua – e nelle rotte che la solcano – motivi di integrazione ma anche di manifestazione delle diseguaglianze.

Facendo capo a una guida, seppure sui generis, la sezione denominata Immersioni si pone come tramite ideale tra eloquenza tipografica e “prove sul campo”. Si è detto che ogni paragrafo partecipa a una mappatura di Venezia nell’era antropocenica, ma è nella sensorialità e nella dinamicità intrinseche a questa parte del volume che si riconosce, in maniera netta, l’intenzione “immersiva”, di testimonianza. E il contatto che invoglia, che incuriosisce l’esploratore, avviene tramite performance artistiche, sperimentazioni, riflessioni e stimoli sonori scaturiti dalla laguna.

Il particolare che incontra il mondo, si mescola a esso per mezzo del mare. Da un paesaggio d’acqua a un paesaggio d’aria: con il trascorrere dei secoli le molte mutazioni hanno sostanziato la concezione antropocenica. Nella sezione conclusiva (Paesaggi d’aria) si parla di aria respirata, di come si articoli (con l’innesto di inquinamento e pandemie) un’involuzione della salubrità, e di come il tempo atmosferico (ma anche cronologico e musicale) incidano sul divenire storico e sociale di Venezia.

Ciò che rimane dopo aver letto o spulciato una guida è il desiderio di camminare, volare o navigare, forse di andare oltre. E questo andare oltre che caratterizza Venezia e l’Antropocene: la consapevolezza di una radice comune, che alimenta i desideri di poeti, uomini di scienza, esploratori e, perché no, di turisti non propriamente evoluti. Impresa ardua dar voce e forma alla bellezza attraverso parole e immagini, e da questa sorta di di sfida, di nobile inganno, l’oggetto, lo spazio e il tempo visibili, possono evolversi in processo, fibrillazione dei sensi. L’itinerario in sé non conta, si lascia surclassare dal movimento, dalla memoria e dallo stupore, pacchetto “tutto compreso” che Venezia e l’Antropocene propone e rivela. Certo una guida, ma anche una narrazione in tempo reale: la città che nasce ed evolve ciclicamente, che impatta e subisce la volubilità umana, nei secoli e nella traiettoria antropocenica.

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Venezia e l’Antropocene. Una guida ecocritica

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