VISIONI Italian Ecoway of Lyfe | intervista a Maurizio Corrado
A cura di Marie Christine Tossens*
Il progetto Visioni Italian Ecoway of Lyfe ha i seguneti capitoli video: Le piante & noi; Nutrire il corpo, nutrire la mente; La mano, la terra, la casa; Spazio celeste, pazio terrestre; Next City.
Il progetto Visioni è nato da un’idea di Angelo Gioè, a cura di Maurizio Corrado. Prodotto dall’Istituto Italiano di Cultura, Melbourne, Australia.
Disponibile sul canale Vimeo dell’Istituto Italiano di Cultura di Melbourne:
https://iicmelbourne.esteri.it/iic_melbourne/it/gli_eventi/calendario/visioni-italian-ecoway-of-lyfe_4.html
Qual è il senso di questo lavoro che hai fatto?
Quello che ho voluto fare è dare una visione diversa di quello che si pensa sia l’ecologia. L’ho sviluppata da due punti di vista, da una parte quella del tempo profondo. Se tu pensi di fare iniziare la tua storia di umano da trecentomila anni invece che da cinquemila, ti cambia completamente la prospettiva. Una delle prime cose che succede è che tu sai, vedi che sei fatto per stare fuori e per muoverti che è sempre stato quello che abbiamo fatto fino a poco tempo fa. Questa è la visione generale, l’altro punto di vista è l’idea di ecologia come piacere.
Oggi siamo abituati ad ascoltare anche troppo questa parola, ecologia, la troviamo in tutte le salse. Non hai paura che la tua sia solo un’altra salsa in più?
Io credo che sia molto utile vedere quale è stata l’evoluzione dell’immaginario dell’ecologia. L’ecologia è partita a metà Ottocento con Haekel che ne ha dato la definizione, ma fino alla fine degli anni Novanta del Novecento, chi lavorava nell’ecologia era visto come un utopista e soprattutto il sistema di produzione industriale non si era avvicinato a questi temi, anzi non li vedeva certo di buon occhio. Secondo me la produzione industriale sta da una parte della barricata, l’ecologia sta dall’altra parte. Quello che è successo è che all’inizio del duemila il sistema industriale ha capito che poteva fare i soldi, poteva sfruttare un interesse popolare nei confronti della sostenibilità, del vivere sano, e l’ha fatto proprio. Ha individuato due o tre temi che gli facevano comodo e ha cancellato completamente tutto il resto. Quindi adesso quello che viene chiamato ecologia, sostenibilità, in realtà è la visione che è stata elaborata dal sistema industriale.
Non pensi che di questi temi ecologici prima non se ne parlava perché eravamo in un mondo che in qualche modo aveva un equilibrio ecologico? Dopo la nascita del capitalismo siamo arrivati a un punto in cui non si può più tornare indietro, sono i temi dell’Antropocene, ora dobbiamo fare qualcosa, e come accade spesso, il sistema industriale ha ripreso questi temi perché sono di moda, ci ha visto una miniera d’oro e la sta sfruttando.
Questa visione che dici mi sembra corretta. L’appropriazione da parte del sistema industriale dell’immaginario ecologico è avvenuta nei primi anni del duemila, prima, fino agli anni Cinquanta del Novecento le trasformazioni che oggi si riassumono nel concetto di Antropocene, non erano così evidenti. Dopo gli anni Cinquanta c’è stata un’accelerazione del cambiamento, ma tutto ha avuto origine con il cambio di produzione, la scelta di produrre con il sistema industriale, dalla fine del Settecento in poi, ma va detto che andando a vedere ancora meglio, quello che è successo è la diretta conseguenza del cambio che abbiamo avuto nel Neolitico, quando abbiamo cambiato tipo di vita, passando da un tipo di vita mobile e all’aperto a un tipo di vita sedentario. È da allora che abbiamo cominciato a modificare il pianeta.
Ma qual è la differenza della tua proposta? Ci sono molti gruppi che lavorano in nome della sostenibilità e dell’ecologia. Tu hai davvero argomenti diversi?
Prima parlavi di moda, ecco, io mi interesso di questi temi da metà anni Novanta e non ho intenzione né voglia di convincere nessuno. Per me il punto di partenza è sempre stato il benessere dell’individuo e di conseguenza dell’insieme sociale. Nel 2001 in un libro sostenevo che ecologia è piacere e continuo a sostenerlo. A questo si è aggiunta la visione del Tempo Profondo di cui dicevo prima. Non mi interessa avere argomenti diversi, ma lavorare su argomenti validi.
Mi sembrano argomenti molto teorici, cosa c’è di pratico, di concreto in quello che dici?
Questo è quello che abbiamo cercato di mostrare in questa serie di video. Esempi concreti a partire da queste idee.
Nei tuoi video non mi è piaciuta la voce che accompagna il racconto, usa un tono un po’ noioso che definirei quasi “mansplaining”, come se spiegasse in modo paternalistico, semplificato, come se avesse la verità e parlasse a gente che non può capire.
Il testo dello speaker è mio, il tono alla Piero Angela è una scelta precisa. Il mezzo video dà molte opportunità, ma il testo deve essere breve e sintetizzare concetti che con altri mezzi risulterebbero certamente più chiari. In questo caso, spesso gli stessi concetti espressi in video in poche frasi occupano decine di pagine nei miei libri. E poi c’è un’altra cosa: la necessità di rivolgersi a un pubblico vasto, che non è detto che conosca quello di cui stai parlando, per me è una questione di rispetto. Forse per questo suonano mansplaining, almeno spero. Il mio atteggiamento è sempre di curiosità, di trasmissione di cose che ho imparato per poter proseguire con la conoscenza. È quello che abbiamo cercato di fare con tutta la serie.
Perché dici abbiamo al plurale?
Perché un filmato, un documentario, una fiction è sempre un lavoro collettivo. In questi per esempio la scelta iniziale è stata di usare una fotografia che si avvicina di più a quella cinematografica che non a quella televisiva, tutto merito del direttore della fotografia e della sua caparbietà, molti della troupe erano più abituati a girare prodotti video ma lui ha insistito per un altro tipo di immagine.
Ma i temi su cui lavorare li hai scelti tu.
Li ho proposti io ad Angelo Gioè, il direttore dell’Istituto Italiano di Cultura di Melbourne che mi ha chiesto inizialmente di lavorare su sostenibilità, ambiente, ecologia. Tutto il lavoro parte da una sua idea, i temi li abbiamo scelti insieme, io li ho sviluppati e ho organizzato il lavoro ed è stata una cosa estremamente piacevole lavorare con lui, Gioè ha molta esperienza nell’organizzazione di eventi di carattere internazionale, cosa che gli deriva dalla partecipazione e direzione di diversi Istituti Italiani di Cultura nel mondo, è stato un datore di lavoro molto atipico, una persona di grande cultura ma in grado di avere una operatività invidiabile e instancabile. Pensa che molto del lavoro è stato svolto mentre in Australia erano in piena emergenza Covid.
Veniamo a temi dell’architettura. In una puntata hai intervistato un antropologo e vari architetti sulla nuova casa naturale, in particolare in terra cruda. Però quello che vedo non sono vere case in terra, ma solo appartamenti ristrutturati usando come finiture la terra.
Vero. Oggi in Italia la terra cruda può essere utilizzata come finitura o come muratura di tamponamento. Non c’è ancora una normativa adeguata come in altri paesi. Come sai, fino agli anni Cinquanta in terra si costruiva un po’ ovunque, poi il mercato è cambiato e la legislazione lo ha seguito. Non ci sono industrie che producono la terra cruda come altri materiali interessanti, bambù, canna comune, paglia. Questo fa in modo che non abbiano una forza commerciale sufficiente per essere conosciuti come il cemento o il mattone. Anche solo parlarne e farne conoscere le proprietà è una operazione che trovo utile. Questo è anche il senso delle proposte che si trovano in quella e in altre puntate della serie. So che tu la utilizzi, nelle tue architetture.
Uso la terra, ma anche la pietra, il cemento, il mattone, il metallo, il vetro. Per me è importante sempre considerare il costo dell’energia grigia, quanta energia ha sviluppato quel materiale nel corso della sua intera vita, dall’estrazione allo smaltimento? La terra cruda in questo senso è uno dei materiali meno impattanti, ma anche il cemento, se fatto con i materiali giusti. E poi non mi basta il lavoro di disegno, i materiali mi piace lavorarli, sono un’architetta a cui piace usare le mani.
Questa idea di usare le mani, di costruirsi la vita con le proprie mani, è un po’ un filo conduttore di tutte le cinque puntate, viene fuori nella puntata sulle piante dove si parla anche di architettura vegetale, in quella sulla casa naturale dove il costruire con le proprie mani è un punto importante, anche in quella dedicata alle prossime città, dove si parla di rigenerazione urbana che parte dal fare collettivo. E anche in quella sul cibo naturalmente.
STAFF OPERATIVO
Antar Corrado, direzione della fotografia, grafica, open sequence, operatore video; Gianni Centonze, montaggio; Alessio Bruno, operatore drone, assistente alla fotografia ; Enrico Gusso, organizzazione generale; Camilla Gusso, segretaria di edizione; Pietro Gusso, operatore video, fonico; Francesco Piazza, fonico presa diretta; Massimo Antonio Rossi, voce speaker; Valentina Soluri, traduzioni italiano/inglese; VIDEO ELF, realizzazione; Maurizio Corrado, regia e testi.
Con: Werther Albertazzi, attivatore territoriale; Elena Antoniolli, Studente di Architettura del Paesaggio; Donato Angelino, Università di Teramo; Ilaria Baccherini, albergatrice; Antonio Bagni, architetto; Luca Baldini, architetto; Mauricio Cardenas Laverde, architetto; Viviana Deruto, architetto; Christian Farina, Studente di Architettura del Paesaggio; Maddalena Ferraresi, architetto; Francesco Ferrini, agronomo Università di Firenze; Daniela Franchini, archeologa; Giovanna Gia, Assessore all’Ambiente di Fivizzano; Eleonora Giannini, Studente di Architettura del Paesaggio; Michelangelo Giombini, architetto; Massimo Iosa Ghini, architetto; Katia Kuo, artista; Anna Lambertini, architetto pesaggista; Massimo Manini, regista; Mons. Piero Marti; Roberto Podenzana, cuoco; Marco Nieri, ecodesigner; Francesca Nobili, Assessore alla Cultura di Fivizzano; Maurizio Sentieri, nutrizionista; Federica Trovato, tattuatrice; Elisa Manni, imprenditrice agricola; Silvia Marchesan docente di Chimica Organica; Giovanni De Marco, fornaio; Rosaria Murrieri, nonna; Barbara Narici, architetto; Leonardo Pilati, Studente di Architettura del Paesaggio; Nuccia Rossiello, architetto; Mario Spera, astrofisico; Andrea Staid, antropologo; Valentina Sumini, space architect; Tarshito, artista; Barbara Truzzi, bioagricuoca; Alessandro Vietti, scrittore.
*Marie Christine Tossens è architetta, alcune delle sue opere hanno ricevuto premi per la sostenibilità costruttiva. Lavora in Belgio, Francia, Italia, Mauritania. Vive a Bruxelles e in Salento.
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